Satiro, satirico e umorista (ma mai moralista) Ennio al meglio

Nel suo commento quotidiano Flaiano tira fuori tutto il talento: ironia, battute, citazioni, sferzate. E una scrittura perfetta

Satiro, satirico e umorista (ma mai moralista) Ennio al meglio
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Nato a Pescara, stessa città e stessa via di Gabriele d'Annunzio, e arrivato a Roma - dodicenne nella giornata del 27 ottobre 1922 con lo stesso treno, ma guarda te le coincidenze, che portava i camerati della Marcia, Ennio Flaiano, come il suo marziano, fu sì divorato dalla Città Altera, sprezzante e superba, ma non si fece mai ridicolizzare. Anzi! Lui la seppe amare e odiare, e lei seppe scatenare in lui il disincanto, il sarcasmo, l'indifferenza, una certa fierezza, il non prendersi e non prendere mai nessuno sul serio fino in fondo. Tutte doti che Flaiano sfruttò con una personalità e una scrittura unica, sia nel romanzo che nel teatro che nel cinema. E - forse in modi ancora più alti - nel giornalismo. Un universo di inchiostro e di approssimazione che, fra critica, cronaca, politica e costume, frequentò con genialità e costanza per tutta la sua vita intellettuale.

Già negli anni Trenta Ennius Flaianus, ormai romano ad honorem, collabora con alcune riviste, come L'Italia letteraria, poi con Omnibus di Leo Longanesi e il Quadrivio, poi firma recensioni per il settimanale Oggi, quindi scrive per Cine Illustrato, Mediterraneo, Star, Domenica, Il Mondo e poi ancora Corriere della Sera, Tempo presente, L'Illustrazione Italiana, l'Espresso e, dal 1964, L'Europeo. Ma anche - ed eccoci al punto - il quotidiano La Voce Repubblicana. Vi collaborò per quasi due anni, fra il 1947 e il 1948, quando fu una delle firme più importanti del giornale e gli fu affidata quella che diventerà la rubrica più letta, in prima pagina: «Calendario». In tutto uscirono 196 pezzi mai più pubblicati e che ora, assieme a un pugno di suoi articoli usciti in Terza pagina, sono raccolti in volume a cura di Sara Battaglia: Ennio Flaiano, Calendario (Luni editore, pagg. 416, euro 26).

Il «Calendario» flaianesco (che non era firmato) uscì con regolarità dal 9 settembre 1947 all'11 maggio 1948, nei sei giorni della settimana in cui si pubblicava il quotidiano. Ed era costituito, ogni mattina, da quattro-cinque brevi corsivi di una decina di righe ognuno, raramente di più, di argomento diverso, in cui si concentrava un commento ironico e sempre «laterale» ai fatti politici del giorno. A proposito. Qual era la posizione politica della Voce e di Flaiano? Repubblicana, appunto (le sue staffilate ai monarchici sono terribili), liberale, e va bene («In Italia sono tutti liberali», direbbe Flaiano); e moderata (gli estremismi in politica e nel giornalismo non funzionano mai, alla lunga).

Bersagli della rubrica di Flaiano. I fascisti non pentiti (siamo nel '47-48, e l'Italia ne è davvero piena, non come oggi... e anche nelle posizioni di potere: magistratura, politica, burocrazia...). Nostalgici (si è sempre nostalgici di qualcosa, soprattutto della passata grandezza nazionale, anche se di cartapesta). Voltagabbana, prima fascisti e ora antifascisti (di quelli l'Italia è sempre piena). I poveri Savoia. Gli intellettuali, casta in cui da sempre si concentrano tutti i peggiori vizi dell'italianità (bellissime le punzecchiature di Bontempelli e Ungaretti). Guglielmo Giannini e l'Uomo qualunque, cioè i grillini di oggi. Togliatti e i comunisti (c'è sempre un buon motivo per prendersela coi comunisti) e anche con Nenni e i socialisti: siamo - non va dimenticato - in piena campagna elettorale per le elezioni del 18 aprile 1948 che contrappongono aspramente il Fronte democratico popolare e la Democrazia cristiana.

Certo. Non tutte le 196 «bustine» sono riuscite. Molte, ormai datate, fanno riferimento a episodi e personaggi del tutto dimenticati, e quindi per noi suonano incomprensibili o quasi.

Ma in tante, tantissime, si riesce a cogliere l'essenza del miglior Flaiano: l'ironia sferzante, l'umorismo leggero («Votate! Votate per noi ma votate!»), la battuta irriverente nel momento più riverente, il punto di vista meno scontato, il calembour, nessun buonismo peloso, la citazione stravagante, la punteggiatura perfetta, la scrittura diamantina. E il colpo di genio.

Il suo.

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