Saviano alla Buchmesse denuncia (come sempre) la dittatura che non c'è

L'autore di "Gomorra" si definisce "dissidente". Con cinque editori e una presenza costante

Saviano alla Buchmesse denuncia (come sempre) la dittatura che non c'è
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Dal nostro inviato a Francoforte

Roberto Saviano ha pubblicato e pubblica per editori come Mondadori, Feltrinelli, Bompiani, Giunti, Rcs, Contrasto, Bao publishing. Partecipa a qualunque fiera o salone letterario vi possa venire in mente. Di recente, è andato in onda con una trasmissione in Rai, Insider, nonostante gli ascolti disastrosi. In passato, ha adattato e sceneggiato Gomorra, serie tv prodotta da Sky. È regolarmente ospite nei talk show su canali Rai o Mediaset e su La7. Scrive su un quotidiano nazionale, la Repubblica. Numerose le sue collaborazioni con testate giornalistiche internazionali e italiane tra le quali L'Espresso, Washington Post, New York Times, El País, Die Zeit, Der Spiegel, The Guardian. Ha avuto una condanna per plagio, riguardante il suo maggior successo, Gomorra. Nessuna conseguenza. È stato denunciato da Giorgia Meloni, e Roberto se l'è legata al dito: ecco, vogliono intimidirmi, io ho espresso una critica politica. In realtà, le aveva dato della «bastarda». Insomma, Saviano è ovunque ma si sente censurato, perché non è stato invitato alla Buchmesse nella delegazione ufficiale. Del resto, nessuno dei suoi editori, e non sono pochi, ha pensato di inserirlo nella lista, e a ben vedere quasi tutti i principali scrittori italiani non sono stati invitati, ma nessuno ha gridato alla censura. Comunque Saviano ci parla appunto della censura, del governo di estrema destra, del potere intimidatorio verso gli spiriti liberi proprio dalla Buchmesse, dove tiene due incontri, oggi e domani, su invito tedesco. Meno di due eventi, forse, si può considerare censura, secondo gli standard di Saviano. Del resto ne hanno fatti due anche Paolo Giordano e Antonio Scurati. Anche loro sono venuti a Francoforte per denunciare il regime italiano.

Ieri pomeriggio, allo stand del Pen di Berlino, Saviano ha parlato davanti a una folla di giornalisti. È entrato con un berretto in testa, ha attraversato la marea umana che si è divisa in due per farlo passare, si è seduto e ha detto le sue verità per mezz'ora circa di monologo (le domande erano di pura cortesia). Saviano/1: «In Italia la democrazia è compromessa». Saviano/2: «Mi volevano escludere da Francoforte. Il messaggio era: adesso con noi al governo figure come Saviano finiranno ai margini. Non è che qui si parla di Gestapo. Si parla di una scelta precisa: 10, 15, 20 persone che vengono considerate bersaglio. Come fa Orban». Saviano/3: «Il ministro della Cultura Alessandro Giuli è aperto al dissenso? Il governo non mi pare lo sia. Aspettiamo i fatti». R». Saviano/4: «Ho visto con speranza la recente intervista di Marina Berlusconi al Corriere della sera. Abbiamo bisogno di essere sostenuti dagli editori. Sono i libri a cambiare la mentalità». Saviano/5: «Il presidente del Consiglio, quando ti attacca, ti toglie risorse anche economiche. Chi investe su un nemico del governo?». Saviano/6: «Ti rendono dissidente, ovvero ti fanno pagare un pezzo personale. Con i processi, ad esempio. Ma solo i regimi sono così. In democrazia dovrebbe essere diverso». Ascoltare Roberto Saviano, Paolo Giordano, Antonio Scurati fa una strana impressione: sembra che l'Italia sia in mano a un regime fascista. Loro stessi si descrivono o si lasciano descrivere come «resistenti» e «dissidenti». I dissidenti veri non avevano sette editori, i loro manoscritti passavano di mano in mano come samizdat. Dissidenti erano Vasilij Grossman e Aleksandr Solgenitsyn, al primo distrussero i nastri della macchina per scrivere, al secondo toccò il Gulag, prima di essere esiliato. Varlan Salamov finì in un campo di lavoro, Osip Mandelstaam fu vittima delle grandi purghe staliniane.

Appartenere alla Resistenza significava rischiare la pelle in una spietata guerra (anche) civile. E poi: come si fa a parlare di dissidenza italiana proprio qui, alla Buchmesse, dove ci sono scrittori turchi, russi, arabi che a stento possono far sentire la propria voce nei loro Paesi?

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