da Barcellona
Un palmares invidiabile, una grinta da far paura: ecco Alberto Angelini, classe '74, savonese doc, cresciuto sotto l'attenta guida di Claudio Mistrangelo, poi emigrato a Roma, quindi da otto anni con la calottina biancoceleste, capitano «coraggioso» del team di Punta Sant'Anna. Da tredici anni fa parte del giro azzurro. E non sembra affatto intenzionato a scendere dalla giostra.
Tre Olimpiadi, due titoli europei per club, sei scudetti, sei Coppe Italia, bronzo olimpico ad Atlanta, argento Mondiale a Barcellona, oro, argento e bronzo europei a Vienna, Budapest e Firenze, oro ai Mondiali juniores al Cairo, argento ai Giochi del Mediterraneo a Tunisi.
Cosa manca ancora ad Alberto Angelini per sentirsi appagato?
«Credo che l'appagamento sia l'anticamera del ritiro per un atleta e per questo motivo ho ancora tanta voglia di lottare per nuovi traguardi».
Per uno che ha disputato la sua prima finale di Eurolega, a 16 anni (1991, TriestE), con il Savona cosa si prova ad essere ancora protagonista a 17 anni di distanza?
«L'orgoglio di essere ancora ai vertici dopo tanti anni è grande ma non mi piace guardare al passato».
Savonese di nascita anche sportiva, ma recchelino di adozione, cosa vuol dire essere capitano del Recco?
«Nello sport contano i fatti e non le origini».
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