Milano - La disoccupazione e il carovita, che colpiscono soprattutto i giovani, scatenano regolarmente ondate di protesta in Algeria e in Tunisia. Ecco i precedenti più importanti negli ultimi decenni.
Algeria Dal 5 al 10 ottobre 1988 infuria la "guerra della semola" o "guerra del cous-cous", a causa della carenza di beni di prima necessità, tra cui il piatto tradizionale maghrebino. Il presidente Chadli Benjedid reprime la protesta con i carri armati: i morti sono 162 secondo le fonti ufficiali, migliaia i feriti. La rivolta sfocia comunque in un referendum sulla riforma costituzionale e in un’elezione presidenziale a favore di Bendjedid, che apre la strada ad un processo democratico e al multipartitismo, ma anche ai movimenti integralisti islamici più radicali, che poco dopo prendono il sopravvento.
Tunisia Dal 29 dicembre 1983 al 5 gennaio 1984, sotto la presidenza di Habib Bourghiba, scoppiano moti di piazza causati dall’aumento di prezzo del pane. Durante la sommossa, che coinvolge tutto il Paese, muoiono almeno 80 persone, mentre i danni provocati da saccheggi, incendi, furti a edifici pubblici e privati superano i 400 miliardi delle vecchie lire. Vengono arrestate migliaia di persone. Il 6 giugno 2008 centinaia di disoccupati scendono in piazza a Redeyef, nella zona di Gafsa, alle porte del Sahara, per chiedere lavoro soprattutto nelle miniere di fosfati di cui la regione è ricca. Per disperdere i manifestanti la polizia apre il fuoco, uccidendo un giovane di 25 anni e ferendone altri 18.
I sei leader del movimento di protesta vengono condannati a dieci anni di reclusione per turbativa dell’ordine pubblico, con lancio di pietre e bottiglie molotov contro le forze di polizia, uso di armi improprie, blocchi stradali e ferroviari, attacchi ad edifici pubblici e saccheggi. A cinque di loro la pena viene poi ridotta in appello tra sei e otto anni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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