Schifano tra futurismo e Pop Art

Fu Aristotele a istituire il rapporto tra genialità e melanconia. La celebre immagine della Melancolìa di Dürer fonde l’iconografia dell’Acedia, una sorta di «parente povera» della Melancolìa, con quella della Geometria. Sono queste le basi per la tradizionale identificazione tra la figura dell’artista e quella del melanconico. Alla malinconìa e al suo nume Saturno è dedicata la bella edizione della Triennale di Torino curata da Daniel Birnbaum intitolata «50 lune di Saturno»: cinquanta artisti giovani e giovanissimi, distribuiti in tre sedi espositive e due personali dedicate a Paul Chan (Fondazione Sandretto) e Olafur Eliasson (Castello di Rivoli), autori di alcune opere nuove di grandi dimensioni: di Chan è notevole il teatro delle ombre ispirato al Sade delle 120 giornate di Sodoma, Eliasson incanta con un cangiante gioco circolare di luci, riflessi e specchi, visione cosmica e mentale.
La mostra si pone come rassegna panoramica sulla nuova situazione internazionale e come momento di riflessione e rilettura di un tema che ha una lunga tradizione. In questo senso il catalogo rappresenta un’occasione di approfondimento, ma assolutamente non pedante e non didascalico. Della Melanconia viene evidenziato l’aspetto produttivo. La malinconia «è uno stato di disperazione, ma anche di ispirazione - scrive Birnbaum -. Il malinconico, attratto da ciò che non ha un uso, può sembrare introverso, ma è anche qualcuno che dice no a un’idea troppo semplicistica di “progresso”; questo suo diniego è una forma di resistenza». Così Birnbaum lega la tradizionale teoria dell’artista come melanconico alla constatazione che oggi molti artisti sembrano essere attratti dall’obsoleto. Ma proprio da qui nasce una nuova energia. Il saggio di George Baker parla della nostalgia, non come ripiegamento sul passato, ma come apertura sul futuro. Il sentimento della nostalgia, a volte sovrapposto alla melanconia e considerato una forma moderna di essa, è all’origine il sentimento dell’esilio, ma già Kant avvertiva che il nostalgico non desidera tanto un luogo, quanto un tempo perduto. Ora è proprio il lavoro degli artisti contemporanei che ci dà la possibilità di vedere il passato come apertura.
L’impatto con il lavoro di Lara Favaretto è falsamente felice: grandi spazzole da autolavaggio ruotano vorticosamente con diversi tempi, rapidità e colori. Ma esse sono in balìa di un meccanismo, di un continuo turbine autistico: le lastre davanti a cui sono poste si consumeranno, ma le spazzole stesse, fatte dal materiale più debole, la plastica, vanno incontro all’esaurimento. «Compiutezza» è la parola astratta che compare nelle poesie scritte da Hölderlin nel periodo della torre di Tubinga dove il poeta trascorse gli ultimi 36 anni di vita. Compiutezza è fusione di tutte le cose nel ritmo del mondo. All’interno e all’esterno della stanza circolare dove il poeta fu recluso, Meris Angioletti gira un video accompagnato dalla voce fuori campo dello scienziato Braitenberg che spiega la corrispondenza fra il cervello e lo spazio visivo. Gerard Byrne, attraverso un’articolata installazione, risale al momento storico in cui i giornali inglesi trasformarono la leggenda del mostro di Loch Ness in fenomeno mediatico, evidenziando il ruolo svolto dal mezzo fotografico per la sua ambiguità.
Valerio Carruba risale all’antico rapporto fra anatomia e pittura aprendo il corpo dell’immagine, ma con una tecnica volutamente meccanica e impersonale. Spencer Finch ricrea le condizioni luminose di luoghi, ospiti di avvenimenti che vivono nell’immaginario collettivo. In tre opere di Alessandro Piangiamore il curatore rintraccia tre elementi dell’incisione di Dürer: l’arcobaleno, il sole nero, la scala.
Wilhelm Sasnal è l’artista che più riprende le iconografie legate al tema saturnino in una serie di dipinti: la ragazza con la testa appoggiata sul pugno chiuso, l’astro Saturno con il suo anello e il pianeta benefico Giove. Ceal Floyer letteralmente «sfoglia» il muro riducendolo a pagina. Andrea Geyer dedica l’opera a un’icona della bellezza, la più richiesta modella di artisti nella New York primo ’900, Audrey Munson, morta in manicomio.
Koo Jeong-A utilizza per le sue installazioni materiali effimeri, candele, zucchero, naftalina.

Rosa Barba, Keren Cytter, Symon Dybbroe Moller, Anna Galtarossa, Robert Kusmirowski, Giuseppe Pietroniro, Pascale Marthine Tayou, Pietro Roccasalva, Wolfgang Tillmans, Alberto Tadiello, Ian Tweedy, Luca Trevisani, Jordan Wolfson, Diego Perrone, Akram Zaatari presentano il tema in sfaccettature diverse.

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