Schizofrenici e poi diabetici

Il professor Tagliamonte all’Università di Siena sta studiando le complicanze delle malattie mentali

Ignazio Mormino

Diabete da farmaci, obesità da farmaci, dismetabolismo da farmaci. Non sono ipotesi, sono inquietanti realtà. Il professor Alessandro Tagliamonte, cattedratico di farmacologia nell’Università di Siena, ha avviato proprio in questi giorni uno studio sperimentale per accertare come e quanto la somministrazione di farmaci antipsicotici possa influenzare gravi patologie come il diabete, l’obesità.
Il problema s’era posto, già negli anni Cinquanta, con la cloroprozamina, il primo antipsicotico destinato a curare la schizofrenia. Da allora, la produzione di questi farmaci è molto cresciuta e i riscontri su questa pericolosa «associazione» si sono moltiplicati.
Non solo la schizofrenia (che colpisce l’uno per cento della popolazione italiana) ma anche il disturbo bipolare e alcune gravi forme depressive vengono curate con gli antipsicotici («con andamento cronico, o quasi»). I più diffusi, olanzapina e clozapina, assicurano buoni risultati ma... Il pacato ragionamento del professor Tagliamonte è questo: «È stato possibile rinunziare ai manicomi, e alle brutture dei manicomi perché i farmaci antipsicotici hanno rappresentato una valida alternativa terapeutica. Ma...».
Dietro quel «ma» si nascondono vittorie e sconfitte, sogni e illusioni. Giganteggia la figura di Franco Basaglia pioniere d’una «rivoluzione» contro cui si sono mobilitati i poteri forti e perfino certi psichiatri. Dice Tagliamonte: «Era in anticipo sui tempi, ma aveva visto giusto. Non era possibile accettare le camicie di forza, le punizioni corporali, le umiliazioni. Gli antipsicotici hanno dato validità scientifica a quella che, allora, sembrava un’utopia. Oggi ci troviamo a riflettere sullo schizofrenico che contrae il diabete o che diventa obeso; ma socialmente non è una tragedia».
Lo studio del professor Tagliamonte, cui offrono attiva collaborazione alcune grandi aziende farmaceutiche come la Sigma-Tau, riguarderà otto farmaci antipsicotici e studierà nel dettaglio i loro effetti sul metabolismo. I primi sintomi, di solito, compaiono dopo due o tre mesi; ma lo studio durerà almeno tre anni e, nella fase finale, coinvolgerà psichiatri, diabetologi, clinici medici.
Si potrebbe, in futuro, ripeterlo sull’uomo? «Potrò rispondere - dice Tagliamonte - solo fra tre anni; ma posso già affermare che un trial sull’uomo deve essere accettabile anche sul piano etico, data la presenza di patologie molto delicate e altrettanto temibili.

Intanto chiediamo allo studio sperimentale che stiamo per avviare risposte precise su durata delle terapie farmacologiche, dosaggio degli antipsicotici, comorbilità schizofrenia-dismetabolismi».
In parole più semplici: i «danni» o le complicanze di certi farmaci si possono evitare? E come? Questi interrogativi accompagnano la storia della Medicina da più di un secolo. Continuiamo ad aspettare una risposta.

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