Cos'è il macchinario che "legge" le parole nel cervello a velocità record

Una paziente affetta da Sla è riuscita a comunicare grazie a speciali macchinari oltre 60 parole in un minuto abbattendo il precedente record: ecco lo studio e le prospettive per il futuro

Cos'è il macchinario che "legge" le parole nel cervello a velocità record

Riuscire a parlare anche se si è impossibilitati a farlo perché affetti da Sla (Sclerosi Laterale Amiotrofica) o da paralisi dovute agli ictus grazie ai passi in avanti della scienza che consente, con dei macchinari specifici, di tradurre l'attività cerebrale in parole. Se già da un paio d'anni esistono apparecchi ad hoc, nessuno ha raggiunto il livello di una donna che è riuscita a comunicare con 62 parole al minuto polverizzando il precedente record di 20 parole in 60 secondi.

Cosa dice lo studio

La ricerca è stata pubblicata su BioRxiv da un gruppo di studiosi dell'Università di Stanford: la paziente affetta da Sla è riuscita a triplicare il massimo raggiunto fino a quel momento e "parlare" tre volte in meno di una persona sana. "Le interfacce vocali cervello-computer (BCI) hanno il potenziale per ripristinare una comunicazione rapida alle persone con paralisi decodificando l'attività neurale evocata dai movimenti tentati di parlare in testo 1 , 2 o suono 3", hanno spiegato gli studiosi. La lieta notizia delle 62 parole al minuto inizia ad avvicinarsi alla velocità della conversazione naturale composta da circa 160 parole al minuto.

Quali sono gli aspetti salienti

Sono principalmente due gli aspetti del codice neurale che hanno incoraggiato i ricercatori: la "sintonizzazione" agli articolatori del parlato che rende possibile una decodifica accurata anche soltanto da una piccola porzione della corteccia del cervello e una rappresentazione molto dettagliata della traduzione del pensiero in parole che persiste anche molti anni dopo che è avvenuta la paralisi. "Questi risultati mostrano un possibile percorso in avanti per l'utilizzo di BCI vocali intracorticali per ripristinare una comunicazione rapida alle persone con paralisi che non possono più parlare", sottolineano i ricercatori di Stanford.

Come si sviluppa il linguaggio

Il parlato di persone paralizzate e affette da gravi malattie è possibile grazie a strumenti medico-elettronici che riescono a trasformare le onde cerebrali nella traduzione in parole: ecco perché è più corretto dire comunicazione digitale rispetto a comunicazione verbale. I segnali che emette il cervello vengono quindi decodificati e trasmessi a un computer che li trasformerà in voce. "È un risultato importante anche perché la percentuale di errore riportata è bassa", ha spiegato a Focus la prof. Donatella Mattia, ricercatrice della Fondazione Santa Lucia di Roma dove vengono sperimentate tecniche simili anche se meno invasive. "I progressi sono stati enormi e mi aspetto che entro cinque anni questa tecnologia possa essere regolamentata e utilizzata su scala più ampia anche in Europa".

I meccanismi dell'intelligenza artificiale

L'intelligenza artificiale può essere di grande aiuto in quest'ambito specifico per ridare la parola a chi non può più parlare.

La ricerca vuole integrare Medicina e tecnologia con l'IA affinchè si possa creare un impianto sofisticato in grado di aumentare sia la precisione ma anche la mole di parole che un paziente possa riuscire a comunicare in modalità digitale.

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