Scompenso, allarme mondiale

Si terrà in ottobre un «focus» internazionale che metterà a confronto i migliori cardiologi europei e americani

Ignazio Mormino

Lo scompenso cardiaco è sempre più frequente. Viene spesso diagnosticato in pazienti che hanno subito un infarto e non rispettano i protocolli diagnostici loro prescritti; in una minore percentuale di casi, può colpire soggetti apparentemente sani ma di età superiore a sessant’anni.
Il professor Stefano de Castro, dell’Università la Sapienza di Roma, è convinto della sua pericolosità ma sostiene che in passato l’esito di molte patologie cardiovascolari (in primo luogo dell’ischemia coronarica) era la morte; quindi lo scompenso diventa - se così si può dire - un male minore. «I farmaci, gli stent e la cardiochirurgia - dice - prolungano certamente la vita ma talvolta lasciano qualche coda».
Lo scompenso cardiaco è la «coda» più temibile: complica la vita di chi ne soffre (il sintomo dominante è la dispnea) e richiede un controllo quotidiano sia dell’alimentazione che delle attività «esterne». Molti scompensati devono rinunziare al lavoro, altri devono ridurlo. De Castro conferma il suo ottimismo: «Il segreto è disporre di una diagnosi precoce e di una cura adeguata. Oggi la diagnosi di scompenso non è più una diagnosi infausta: molti pazienti, rispettosi delle indicazioni ricevute, superano tranquillamente gli ottant’anni».
Nei soggetti refrattari ai farmaci, aggiunge, si impianta un pacemaker biventricolare e si ricorre (se necessario) anche a un defibrillatore per ottenere la resincronizzazione cardiaca.
Proprio in questi giorni è partito un «Focus» sullo scompenso cardiaco che vede impegnati l’Università La Sapienza di Roma, il Cardiocentro Ticino di Lugano e il New England Medical Center di Boston. Sessanta cardiologi, tutti di alto livello (De Castro è il coordinatore per l’Italia) si incontreranno periodicamente per confrontare i risultati delle loro ricerche. Il primo appuntamento, con la collaborazione di Takeda e di Philips, è fissato per ottobre al Cardiocentro Ticino di Lugano. Si parlerà di epidemiologia (negli ultimi sei anni, in Italia, i casi di scompenso cardiaco sono raddoppiati) ma anche di procedure diagnostiche. Per la sua esperienza, il professor De Castro mette al primo posto l’ecocardiografia (specialmente quella tridimensionale) senza sottovalutare il contributo dell’elettrocardiogramma. L’ecocardiografia, aggiunge, dà risposte precise, che possono subito indirizzare il cardiologo.

Scopo dichiarato di questo Focus internazionale - che nel 2006 prevede soltanto incontri in Europa ma nel 2007 interesserà anche gli Stati Uniti d’America con un incontro a Boston, dedicato in particolare alle nuove metodiche diagnostiche - è quello di ridurre in misura consistente la mortalità da scompenso cardiaco e, in seconda istanza, quello di rendere più serena, la vita degli scompensati. «Anche per loro, come per tutti i cardiopatici - dice de Castro - vale la regola ferrea d’una aderenza totale alle prescrizioni».

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