«Una sconfitta che dispiace, ma non è colpa dell’arbitro»

Cuore, testa e Ronaldinho. Formula elementare e forse difficilmente replicabile per tutto il campionato. È quella del Milan uscito da una notte speciale dopo un derby da special one. Notte da vero Milan bisognerebbe aggiungere rievocando quelle famose in Champions, col presidente Silvio Berlusconi che entra nello spogliatoio di San Siro e ringrazia i suoi eroi «per la prova gagliarda, fatta con il cuore e con la testa» ricevendo l’applauso dei rossoneri schierati e il brindisi per il suo compleanno. Il giorno dopo, a Lesa, sul lago Maggiore, nel debutto a villa Campari della famiglia riunita, il presidente Silvio Berlusconi rimette al centro dell’ultima domenica di settembre il suo Milan e la gran giocata di Ronaldinho, un’altra scommessa da vincere. «Abbiamo fatto una campagna acquisti che in famiglia non è stata molto apprezzata, abbiamo messo lì delle star che una sola di loro vale il biglietto dello stadio» la frase che di fatto incorona Dinho, re di Milano rossonera, un’altra volta pazza di felicità per aver portato a casa il secondo derby consecutivo. «Kakà ha fatto quella cosa straordinaria e Ronaldinho l’ha conclusa da par suo. Devo dire che sono soddisfatto anche di Pato ma ho sempre il cruccio di Ronaldo perchè uno del suo peso sarebbe stato perfetto accanto a questi» la sua ricostruzione del “dai e vai” decisivo, conclusa dal codicillo riservato ad Ancelotti, «solo i giornali l’avevano messo in discussione».
Ma forse, o meglio senza forse, l’uomo più felice, per qualche ora ancora, resta ancora lui, la figurina arrivata dal Barcellona a miracolo mostrare, Ronaldinho insomma, scoperto da Adriano Galliani con i lucciconi a fine partita. «Penso alla felicità, alla commozione, all’emozione di Ronnie per aver fatto questo gol. La notizia sta facendo il giro del mondo e io sono felice per lui» la testimonianza del vice-Berlusconi, capace di cogliere in occasione del gol anche una caratteristica cestistica, «su quel cross di Kakà, Ronaldinho è andato in sospensione», proprio come succede sul parquet, sotto canestro. Nella notte, lunga e divertente, per Adriano Galliani c’è anche il tempo di lucidare il blasone del Milan senza mettere il naso in casa Inter. «Non m’interessa dire chi è più forte, mi interessa vedere che questa è la squadra più titolata, reduce da 11 finali di Champions e che nessuno dalle nostre parti, può imitarci» il suo pistolotto che contiene anche qualche scudisciata alla critica ostile, «i geni della carta stampata che sostenevano che avevamo messo insieme la collezione di figurine».
La parte più attraente dell’intervento di Galliani è quella conclusiva. Il derby è alle spalle, l’inseguimento, sull’Inter, quasi completato, ma il futuro è ancora zeppo di incognite. «Sappiamo che in una partita secca, possiamo diventare la squadra più forte al mondo. Non so se in 38 partite di fila riusciamo a esserlo. Bisogna restare umili e trovare le motivazioni anche contro il Cagliari» il punto interrogativo grande così sistemato sulla torta del derby. Consapevolezza condivisa dallo stesso Ancelotti, da ieri al lavoro per Zurigo (Gattuso col polso lussato) e pronto a smentire qualsiasi promessa fatta a Dinho per il derby.

Lui, il Gaucho, ha ringraziato al telefono Dunga («per la prima volta posso completare un mini-ciclo di preparazione») e si è preparato al trasferimento. Da domani, via dall’albergo di piazza della Repubblica e ingresso in una villa alla periferia di Varese, di proprietà di Riccardo Sogliano, ex del Milan.

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