«Dal punto di vista dell’energia sprigionata non è stato un terremoto catastrofico, ma al massimo medio-forte». Quasi duecento morti, centinaia di feriti e migliaia di sfollati. Sembra impossibile coniugare un bilancio di sangue da catastrofe con il sorprendente giudizio di Claudio Eva, sismologo della Commissione grandi rischi. Come si fa a spiegare agli abitanti dell’Aquila ridotta a città fantasma, a loro spogliati in pochi secondi di tutto ciò che possedevano, che quel tremore devastatore era solo «medio-forte».
Professore, questo movimento tellurico sulla scala Richter non era molto più intenso di quelli in Molise e Umbria, che fecero «solo» 28 e 11 vittime rispettivamente.
«Sì, anche se va detto che in Molise e in Umbria vennero colpite aree meno densamente popolate».
L’ex sottosegretario Franco Barberi ha detto che in California con un sisma così non sarebbe morto nessuno.
«Al di là del paragone con la California, io mi esprimerei così: se le abitazioni fossero state costruite con corretti criteri antisismici non sarebbe morto nessuno. Ma è evidente che in Italia abbiamo un problema con i centri storici».
E non solo, visto che tra gli edifici crollati ci sono anche la Casa degli studenti, l’ospedale e l’hotel Duca degli Abruzzi che sono edifici relativamente recenti.
«Anche questo è vero. Per quanto riguarda l’ospedale bisognerà vedere se è stato costruito in base alla norma precedente, secondo cui per gli edifici strategici era sufficiente impedire che collassassero. Ora la normativa richiede anche che mantengano l’efficienza operativa dopo un terremoto. Anche per gli altri palazzi che lei ha citato bisognerà analizzare il rispetto della normativa in base alla quale sono stati costruiti. E in caso di violazioni potrebbe interessarsene anche la magistratura».
Tutti gli edifici pubblici dell’Aquila sono crollati o inagibili. Non la colpisce questa circostanza?
«Direi che è veramente simbolica. Ma non mi sorprende, visto che il decreto approvato dopo la tragedia della scuola in Molise prevedeva che gli edifici pubblici si adeguassero entro cinque anni. E credo che questa scadenza sia stata rispettata al massimo nell’uno per cento dei casi».
Ma siamo sicuri che anche la normativa sia adeguata? L’Aquila era classificata in zona di rischio 2, non 1 che è la massima pericolosità, eppure è il secondo terremoto distruttivo in 300 anni. Non sarà che si è voluto allentare la morsa dei vincoli per favorire gli interessi edilizi in una città capoluogo che voleva crescere?
«Non so se possano aver pesato logiche di questo tipo, tutto sommato non credo. Anche perché essendo L’Aquila adiacente a una zona a rischio 1, i vincoli sono solo di poco meno stringenti. Il problema è che mancano i controlli sul rispetto delle norme antisismiche. Ed è vero invece che a livello nazionale ci sono lobby che remano contro, tant’è che l’applicazione dell’ultima norma in tema di sicurezza antisismica, il testo unico del 2005, è stata prorogata di anno in anno dal Parlamento».
Che soluzioni ci sono a breve?
«Il piano casa, se
inseriamo incentivi per la ristrutturazione antisismica, può essere un’occasione storica. Soprattutto per avviare investimenti costanti nel tempo. La guerra al terremoto non si vince durante le battaglie ma negli armistizi».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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