
Ci sono scrittrici e scrittori che restano nell'ombra e poi d'improvviso, di norma accade quando qualcuno li porta sullo schermo, trovano la loro collocazione nel pantheon percepito dal grande pubblico. Può trattarsi della trasposizione di una loro opera. È capitato, ad esempio, all'americano Walter Tevis con La Regina degli scacchi. O della resa filmica o seriale della loro biografia. È capitato in Italia ad Aldo Braibanti con il film Il signore delle formiche.
Ora sta capitando in forma esponenziale con Goliarda Sapienza. Su Sky è diventato una serie il suo romanzo L'arte della gioia e ora arriva il film Fuori di Mario Martone, che racconta un pezzo della biografia di questa scrittrice eterodossa sotto moltissimi aspetti.
Partiamo dalla biografia di Sapienza (1924 - 1996) che ha largamente contribuito a renderla una outsider. Nata a Catania nel pieno del Ventennio si trovò subito a crescere fuori dal solco del fascismo. La madre, Maria Giudice, era stata la prima donna dirigente della Camera del Lavoro di Torino. Il padre, Giuseppe Sapienza, era un avvocato socialista. Per sottrarla al clima di Regime i genitori non la fecero nemmeno andare a scuola. Questa giovinezza liberata fu però segnata da una salute precaria, e da lutti (tanto da portare il nome di Goliardo, fratellastro morto per mano della mafia tre anni prima della sua nascita). A 16 anni, trasferita con la madre a Roma, s'iscrisse all'Accademia nazionale d'arte drammatica. Ma non si diplomò mai, il nuovo metodo Stanislavskij le interessava molto più delle lezioni vecchio stile dell'Accademia. Ma a teatro funzionava, andò in scena in buona parte del repertorio pirandelliano. Fece anche alcune incursioni al cinema, spesso in cameo non accreditati come in Senso di Luchino Visconti. Lavorò con Luigi Comencini, Alessandro Blasetti, Cesare Zavattini... Dopo alcuni decenni lasciò le scene per dedicarsi alla scrittura: i primi libri, Lettera aperta (1967) e Il filo di mezzogiorno (1969), rivelarono da subito una vena fortemente biografica. Il primo raccontava la sua infanzia catanese, il secondo la sua terapia psicanalitica. E in effetti la sua biografia era per molti versi da romanzo. Amò con passione furiosa e fedeltà tremolante (fu legata al regista Citto Maselli e poi all'attore Angelo Pellegrino), tentò per due volte il suicidio, finendo in coma. Nel 1980 finì in carcere per un furto di gioielli a una sua amica; li vendette poi in pegno.
In quel caso finì a Rebibbia ma la considerò quasi un'esperienza salvifica: «Sono tornata a vivere in una piccola comunità dove le proprie azioni vengono seguite, e approvate quando giuste, insomma, riconosciute». O così scrisse in L'università di Rebibbia. Nel finale di questa vita complicata, i suoi amici tentarono invano di farle avere il sussidio della legge Bacchelli, Goliarda lavorò al disturbante L'arte della gioia di cui mentre era in vita uscì soltanto la prima parte, nel 1994 per i tipi di Stampa alternativa. Il romanzo completo uscì postumo nel 1998 in appena mille copie. Un percorso molto faticoso, a partire dalla pubblicazione in tedesco, lo fece poi approdare a Einaudi nel 2008.
Ora con l'arrivo della serie su Sky, ad alta carica di erotismo, diretta da Valeria Golino e Nicolangelo Gelormini, è cambiato tutto e Goliarda Sapienza è diventata oggetto da grande pubblico, almeno nella sua versione pop e seriale. Del resto l'antieroina protagonista del romanzo - stuprata dal padre, sopravvissuta a un incendio che ne consuma la famiglia, poi affidata alle suore di un convento e quindi alla nobile famiglia Brandiforti, dove prosegue la sua svelta, furiosa, appropriazione delle cose del mondo - aveva già sedotto la critica a Cannes.
Ecco Cannes, i rumors accreditano come pellicola italiana in corsa Fuori di Mario Martone che della vita della scrittrice (interpretata proprio da Valeria Golino) sceglie di raccontare proprio l'esperienza di Rebibbia di cui scrivevamo sopra. Goliarda, finita in carcere per questo gesto folle del furto, incontrando dietro le sbarre alcune giovani detenute attraversa una sorta di esperienza di rinascita, che una volta fuori di prigione, in una torrida estate romana si trasformerà in un complesso e radicale legame di amicizia tra donne (le altre due interpreti femminili sono Matilda De Angelis e Elodie).
Per la Golino Goliarda è diventata quasi un'ossessione personale, come ha raccontato in una intervista all'Espresso: «Lo spirito di Goliarda mi perseguita. Sono abitata da lei come un burattino e ne sono felice, racconteremo una bellissima storia di donne girata dentro e fuori dal carcere di Rebibbia».
Sarebbe questo il titolo forte che dovrebbe capitanare una piccola pattuglia che potrebbe essere composta anche - non necessariamente nelle sezioni in concorso - da La Gioia, il nuovo film di Nicolangelo Gelormini interpretato, anche in questo caso, da Valeria Golino e Duse di Pietro Marcello, con Valeria Bruni Tedeschi nel ruolo della leggendaria diva teatrale Eleonora Duse (1858 - 1924), al fianco di Noémie Merlant. Valeria Bruni Tedeschi che per altro ha un ruolo di spicco anche nella serie L'arte della gioia, dando così il via ad una serie di incroci che ci dicono che la cinematografia italiana è di qualità ma spesso si muove all'interno di uno stagno attoriale molto piccolo. Sia come sia, una cosa è certa: questo è l'anno in cui Goliarda Sapienza è uscita dallo stagno (ancora più piccolo di quello attoriale) delle scrittrici di culto per entrare in quello dei personaggi che piacciono alla cultura pop.
Le avrebbe fatto piacere? Goliarda fa dire alla sua antieroina di nome Modesta: «Voglio dirvi quello che è stato senza alterare niente». Ma questo non è del cinema e nemmeno delle serie. Dovrà accontentarsi, lo spettacolo è di questo mondo, non la sapienza.
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