Se andiamo avanti così canteremo Faccetta Nera

È Balotelli, un bullo di talento, il nuovo eroe del Paese. Alla faccia delle accuse di razzismo

Se andiamo avanti così canteremo Faccetta Nera

Il nostro è il Paese degli eccessi. Siamo specialisti nell’autode­nigrazione, sputiamo sullo specchio che ci riflette. Quelli del Nord guardano con disgusto a quel­li del Sud ( esattamente come fanno i tedeschi nei confronti di tutti noi). I meridionali guardano ai setten­trionali con commiserazione, giu­dicandoli egoisti, incapaci di colti­vare buoni sentimenti e di realizza­re l’unità nazionale. In politica, chi è di sinistra odia la destra (ampia­mente ricambiato) e, negli anni in cui governava Berlusconi, si è impe­gnato a sputtanarlo in ogni modo, offrendo alla stampa straniera mil­le spunti per descrivere un’Italia al­la deriva, alla mercé di una classe di­rigente col Dna di Pulcinella. La metà delle nostre disgrazie le «costruiamo» noi stessi con tena­cia. Godiamo a parlare male del prossimo e a litigare con lui. Basti ri­cordare che oltre la metà delle cau­se tribunalizie è di tipo condominiale, poi attacchiamo i magistrati perché la giustizia è trop­po lenta. Però è sufficiente che la Na­zionale di calcio vinca tre partite di se­guito e acceda alla finale di un torneo internazionale e immediatamente di­ventiamo «patrioti»; riscopriamo ad­dirittura il tricolore, lo sventoliamo orgogliosamente, dimenticando che qualcuno- non pochi - affermò di vo­lerlo usare in sostituzione della carta igienica. Da almeno vent’anni, da quando cioè l’immigrazione è un fenomeno di massa, incontrollato e preoccupan­te, era in atto, fino a ieri, una discus­sione infame tra cittadini favorevoli all’integrazione e cittadini entusiasti dei respingimenti e pronti a esultare a ogni affondamento di imbarcazio­ne stracolma di disperati. Basta, tutto cambiato. I due gol rifilati da Mario Balotelli all’esecrata Germania peda­toria hanno riscattato non solo l’ar­mata Prandelli (non più esercito di Franceschiello, come si era detto alla vigilia degli Europei)ma anche l’inte­ro contingente di africani approdati alla penisola per sfamarsi. San Gen­naro ha sospeso i miracoli? Li compie il pallone. La pacificazione con gli extracomu­nitari, che sembrava illusoria, ora è un fatto. Dalla tolleranza zero siamo passati, nel giro di pochi minuti, al­l’esaltazione dei mori: adesso siamo tutti neri, forse si può dire persino ne­gri. C’è chi,essendo nato bianco,vor­rebbe avere un figlio abbronzato, in senso berlusconiano, o almeno un fratello di pelle scura, scurissima. In­somma, Balotelli, prima vituperato e maledetto dalle folle degli stadi, sim­bolo dell’indisciplina e della scorret­tezza, cacciato dall’Inter per incom­patibilità ambientale, bersaglio delle penne sportive di ogni giornale, è sta­to promosso a nuovo eroe dei due mondi, quello del calcio e quello dei tifosi, sia in servizio permanente sia di complemento. Qualora segnasse anche contro la Spagna, nella finale di domani, a tutti i bambini che vedranno la luce nel mese di luglio sarà imposto il nome Mario, improvvisamente di moda do­po decenni di accantonamento. Al­tro che Mario Monti e Mario Draghi: Supermario è solo un ragazzo afrobre­sciano, adottato da una famiglia otti­mista, ex disadattato, incline ad atteg­giamenti irritanti e adesso sul piedi­stallo dell’effimera gloria riservata ai grandi del football. Lui se ne rende conto e mostra fiero i suoi due metri di torace bruno, altro che Bronzi di Riace. Chissà quante signorine se ne innamoreranno, fantasticando. Dicevamo che il nostro è il Paese de­gli eccessi. Lo è da sempre.

Mai però avremmo immaginato che l’Italia si sarebbe felicemente consegnata a un giovanotto nero in precedenza di­sprezzato, allo scopo di potersi senti­re all’altezza di Angela Merkel e dei suoi diligenti tedesconi. Qui c’è sotto la mano della Nemesi storica, che ha usato un calciatore per azzerare le ac­cuse di xenofobia e di razzismo agli italiani, terroni compresi. Se andia­mo avanti così, ricanteremo Faccetta nera.

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