Uno a uno non fa male a nessuno. Vale sempre la cantilena che ci insegnavano all’oratorio. Un ragazzo del Settantasette prende il posto di un moccioso del Novanta e le sorti del pallone vanno in un altro modo. Cose che accadono nel football, laddove contano i fatti e non il look, le promesse e la campagna pubblicitaria. Totò e Mario sono le figurine della prima pagina di questo nostro album europeo, calciatori della stessa squadra ma diversi, opposti, distanti, non soltanto per l’anno di nascita. Michel Platini era un uomo felice, più di Giorgio Napolitano. Ha detto di essersi divertito perché la partita, per lui, è stata perfetta, studiata, gestita, corretta, insomma il football che serve all’Uefa, a noi e agli spagnoli, per ragioni differenti.
L’euforia di Platini va frenata. L’Italia è andata oltre le previsioni, visti i tempi che corrono, anzi si trascinano. La Spagna ha ribadito di saper esprimere un football delizioso ma senza sostanza, i mattatori mostruosi della Liga sono Messi, Ronaldo e Falcao, gente che non può indossare la camiseta rubia, va da sé che il biondino Torres ci ha graziato quando ha cercato il gol con la sua vaselina, come in Spagna viene definita la palombella sul portiere, diversa da quella sull’avversario, detta sombrero. Niente vaselina, per fortuna, e niente sconfitta, con tutti gli annessi, sarebbe stata una bestemmia, una beffa. L’Italietta è tornata Italia, con il cuore in tumulto ma sempre oltre l’ostacolo, come sappiamo nel momento del bisogno.
Ci sono stati attimi di ansia da prestazione, la confusione regnava sovrana, la palla, frenata dall’erba tagliata ad altezza Giaccherini, sembrava avvelenata, pesante, di fuoco, errori cento, imprecisioni mille. Ho coinvolto Giaccherini che mi ha fatto tornare alla mente un povero Pessotto sulle tracce di Zidane contro la Francia. Fu emicrania continua, Giaccherini si è ritrovato a fare il terzino su Silva che è un incantatore di serpenti, fresco di titolo in Premier league. Ma la prestazione del piccolo centrocampista è anche la fotografia di quest’Italia che ha provato a resistere prima e a esistere dopo, facendo la cosa più normale ma non la più semplice. Qualche strappo, qualche amnesia, tutto da repertorio con la nebbia della fatica che saliva nei muscoli e negli occhi.
Ma che hanno saputo fare di contro i toreri campioni di tutto? Molto petting, football da allenamento, anche irritante ma questo gioco prevede anche il tiro in porta, non verso ma nello specchio della medesima.
Buffon ha fatto Buffon, ribadendo che le storie malvagie non entrano in campo e nemmeno nello spogliatoio. Roba ordinaria. Nessun miracolo. Dunque il pareggio all’esordio consente una notte tranquilla e di riflessione. Il punto è un premio per gli azzurri e un ammonimento per gli spagnoli. Ho accennato a Balotelli. Ha provato a fare il calciatore, ha confermato i suoi limiti, è inaffidabile, ingenuo, capriccioso, ha comportamenti da dilettante, non esce dalla sua fase montessoriana ma la nazionalenon è un asilo e nemmeno un centro di rieducazione. Il gol di Di Natale è stato come un segnale.
La dolce vita e i denari sontuosi si esauriscono quando l’arbitro fischia l’inizio della partita. Inutile qualsiasi tipo di tentativo, questo è Balotelli e questo dovremo tenerci fino all’eternità, gioia e rabbia per un bambino che non diventa uomo. Alla prossima. Con Totò Di Natale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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