Se la parola di Gianfranco non ha valore

Il popolo di An si sente tradito dopo i balbettii sull'affaire immobiliare nel Principato. Il leader Fli derise il Pdl, poi lo fondò col premier: ora il nuovo strappo. Ma a furia di rinnegare il passato ha deluso tutti

Se la parola di Gianfranco non ha valore

Fini, come Bruto, sembrava un uomo d’onore. Ma poi perfino Marco Travaglio, che Fini l’ha difeso e ha pensato seriamente di votarlo, ha buttato lì questa domanda: quanto vale la parola di un generale che inganna i suoi uomini e li manda al macello?

Il quesito è serio. Gianfranco viene da un mondo un po’ particolare, con molti difetti ideologici, ma dove la gente è cresciuta a pane e onore. Nell’immaginario del suo ex popolo la parola è sacra. La parola non si spende invano. Non si svende per assecondare le furberie di un cognato. Non si giura su una cucina. Questo è un aspetto che il buon Fini deve aver sottovalutato, preso dalla smania di rinnegare il suo passato ha finito per deludere tutti quelli che gli stavano intorno e poi i suoi elettori, gente che fino a qualche anno fa ripeteva incantata: come parla bene. Non ha capito che se una vecchia signora, fedele a certe idee, lascia in eredità al partito un appartamento a Montecarlo non puoi ficcarci dentro tuo cognato, balbettando di società offshore, di catapecchie da ristrutturare, di «adesso mi informo», di silenzi, reticenze e otto frasette di giustificazione messe in croce. Non puoi, perché quelli che la pensano come la signora non ti capiscono. Ci restano male. Li stai tradendo. Stai calpestando i loro ideali. Non puoi farlo con la strafottenza di chi si sente al di sopra di quel passato rancido che vuoi dimenticare. Non puoi rinnegare il tuo ex mondo e santificare Santoro. La politica in certi amori è come il calcio. La parola di Fini oggi vale come quella di Ibrahimovic. Solo che Ibra è più concreto. Il suo piedone lo mette e i suoi nuovi tifosi lo osannano perché la butta dentro. Gianfranco no. Gianfranco cambia maglia e delude vecchi e nuovi. Quando c’è da combattere lui il piede lo tira indietro.

Fini sembrava un uomo d’onore. Poi, se lo guardi da vicino e ricordi la cronaca politica di questi ultimi anni, ti accorgi che la parola, quella che si dà, non è il suo forte. Questo non lo dice Berlusconi, ma qualcuno che ha scommesso sulle parole dell’ex leader di An. Casini, per esempio. Quando il Cavaliere battezzò sul predellino l’idea di un popolo della libertà, Fini spezzò l’aria con una risata sarcastica: siamo alle comiche finali. Casini applaudì, si convinse che il centro è centro e va da solo, sorrise all’amico alla sua destra che gli fece l’occhiolino. Fini disse a Casini che avrebbero gettato le basi, insieme, per una nuova destra, post, quasi anti, berlusconiana. Casini si piazzò al centro e attese che arrivasse l’amico. Gianfranco si imbucò nel Pdl, mettendosi sulle spalle le mostrine da cofondatore. Il genero di Caltagirone restò con un «ma come» sulle labbra: e io?

Fini brindò al partito unico. Non tutti in An erano convinti di questa mossa. C’era chi temeva di perdere la propria identità, chi non si vedeva con le giacche simil Forza Italia, chi si chiedeva: ma che ci andiamo a fare? Qualcuno, anche il giorno del congresso fondativo, di fronte all’entusiasmo generale faceva il bastian contrario: meglio una federazione. Troppa fretta, tanti dubbi. A tutti Fini regalava una pacca sulla spalla: garantisco io. A un leader così come fai a dire di no? Non puoi. Perfino i più recalcitranti si misero l’anima in pace e giurarono fedeltà al Pdl. Se lo dice lui...

L’operazione funziona. Il Pdl trionfa alle elezioni. Fini chiede la presidenza della Camera e la ottiene. Il governo ha i numeri e il peso per governare. C’è da rimboccarsi le maniche ma l’Italia ha una guida senza ma e senza anche. Poi Fini dice che è tutto da rifare. Boicotta, strapazza, parla fuori onda, lancia messaggi malmostosi, si sente minoranza e alla fine strappa.

Non avvisa neppure gran parte dei colleghi di An e comincia la guerriglia. Il finale lo sapete. C’è ancora gente che si sta chiedendo cosa sia successo. Cosa ha fatto cambiare idea al capo? Fini sembrava un uomo d’onore. Sembrava.

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