«Se Prodi si fa una lista, non è più il nostro leader»

La strategia del capo dell’Unione è rivolgersi ai militanti per indebolire l’asse Rutelli-De Mita

«Se Prodi si fa una lista, non è più il nostro leader»
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Luca Telese

da Roma

Al secondo giorno di battaglia all’ultimo sangue, fra le due anime della Margherita entrano in campo due minacce letali contrapposte: da un lato la promessa esplicita di una detronizzazione di Romano Prodi, dall’altro quella del ricorso al popolo della sinistra con le primarie.
La frase più netta e dura, la minaccia che fa male, arriva nel pomeriggio, dall’uomo forte della Margherita, Franco Marini. Già la sera prima, nella sua conferenza stampa notturna, Francesco Rutelli aveva ventilato la possibilità di una scomunica, sia pure attenuandola sotto la flebile copertura di un periodo condizionale: «Non voglio credere che Prodi pensi a soluzioni personalistiche che indebolirebbero la sua leadership nell’Ulivo...». Ieri ogni dubbio è caduto, e nel momento più duro dello scontro tra gli uomini del Presidente e l’ala dei fedelissimi a Romano Prodi, l’ex segretario del Ppi ha dettato in modo molto netto e chiaro le sue condizioni: «La leadership di Prodi c’è, nessuno la mette in discussione. Però stiamo attenti: se si arriva alla scissione di un partito... quel partito ha il diritto di rimettere in discussione tutto». Ovvero: attento Prodi, che se fai un’altra lista e favorisci la scissione nella Margherita, per noi non puoi più essere il leader della coalizione.
È un intrico non da poco quello che avviluppa l’Ulivo, nel braccio di ferro più drammatico dal momento della sua nascita a oggi: così, quella ventilata ieri da Marini è davvero una minaccia fortissima, la più estrema, l’arma finale. Lo stesso ex sindacalista se ne rende benissimo conto, se è vero che, ospite di Porta a porta, alterna il bastone alla carota e subito dopo aggiunge: «Cerchiamo di gestire questa fase, fermiamoci e facciamo il punto. Cerchiamo - insiste - di gestire questo momento con molta prudenza e senza arrivare a rotture traumatiche».
Deve essere senza dubbio vero, questo allarme, al punto che ieri i rutelliani ripetevano che Willer Bordon sarebbe andato a chiedere informazioni alla segreteria del Senato sulla tempistica necessaria alla costituzione di un nuovo gruppo: una notizia curiosa (Bordon è una vecchia volpe della politica, difficile che avesse bisogno di delucidazioni su questo tema), che però la dice tutta sul clima che ormai si respira all’interno del partito centrista. Però lo stesso capogruppo al Senato è il più duro dei suoi, e ieri diceva: «Si rischia una margherita Ogm. Prima di una scissione ci penseremo fino all’ultimo secondo utile. È una decisione talmente impegnativa che una notte in più e una riflessione in più sono molto sagge». Non è un caso che ieri i prodiani ripetessero in tutte le salse che loro non hanno intenzione di fare le valigie. La pasionaria prodiana, Marina Magistrelli, ripeteva: «Confermiamo che la scissione è esclusa. Vogliamo lavorare dentro la Margherita perché il partito dia una risposta affermativa alla proposta di Romano Prodi». E intanto ieri la componente - che per ora resta autosospesa dall’esecutivo - si è riunita per decidere il da farsi nelle prossime ore. C’erano, fra gli altri, Arturo Parisi, Franco Monaco e Roberto Manzione e Bordon. Nell’incontro i «parisiani» hanno fatto il punto sulla situazione del partito e dell’Ulivo dopo la rottura fra Romano Prodi e Francesco Rutelli e dopo che il Professore ha lanciato la proposta di una propria lista elettorale.
A Controcorrente, su Sky, Parisi ha giocato in contropiede, attaccando, senza nominarli, Marini e Rutelli: «Leggo che qualcuno metterebbe in discussione la leadership di Prodi. questi sono propositi seri che non possono essere affidati alle illazioni e alle congetture. Chi apre un problema non è detto che abbia la possibilità di chiuderlo». Poi l’accenno più interessante: «In questo caso mi sembrerebbe inevitabile sentire i cittadini. Nel momento in cui il risultato delle regionali non è stato sufficiente a risolverlo il problema deve essere chiuso nello stesso modo dai cittadini, davanti ai cittadini».
Cosa vuol dire esattamente Parisi? È presto detto: che la carta estrema a cui da giorni i prodiani pensano, è di rispondere agli attacchi contro la leadership, con la convocazione delle fatidiche primarie. Ovvero della consultazione del popolo di centronisitra che Prodi aveva chiesto a gran voce, e che poi aveva accettato di accantonare per non mettere in imbarazzo i Ds, insidiati dalla candidatura di Fausto Bertinotti.

Infatti Parisi ha spiegato ai suoi che il vero punto di difficoltà dei rutelliani della Margherita è che loro un candidato alternativo non ce l’hanno, e che rendere visibile l’attacco a Prodi di Rutelli e compagni indebolisce l’asse Marini-De Mita-Rutelli.

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