Se il re dei processi mediatici fa la vittima

Il capogruppo alla Camera del Fkli, Italo Bocchino, ha mantenuto la promessa che lanciava da mesi: ha denunciato Il Giornalealla procura di Roma. L'accusa non è di diffamazione, ma di stalking

Se il re dei processi mediatici fa la vittima

Bocchino chi? C’è un signore napoletano con un sorriso stampato sulla faccia che per caso si è ritrovato in Parlamento. Ora tutti lo chiamano onorevole, ma se un giornale prova a scrivere qualcosa su di lui rischia di finire in tribunale. Non per diffamazione, ma per stalking.
Il Bocchino della verità, assieme alla moglie, ha denunciato il Giornale e Libero alla procura di Roma. I coniugi racconterebbero di essere ossessionati, di essere diventati diffidenti, di saltar su ogni volta squilli il telefono. E di avere gli incubi quando dormono. Il timore che gli articoli pubblicati dai quotidiani alimenti l’odio li farebbe vivere in uno stato d’ansia e frustrazione. Italo Bocchino e Gabriella Buontempo, nella loro querela, affermerebbero di essere addirittura deperiti e dimagriti. Insomma, questo signore che di professione fa il personaggio pubblico non vuole che si nomini il nome di Bocchino invano. I giornali, in realtà, lo fanno solo quando è necessario. Non è che si divertono a parlare di lui. Solo che questo Bocchino sta in cielo, in terra e in ogni luogo. Ogni santo giorno rilascia dichiarazioni alle agenzie sul tempo che fa. Uno cambia canale e se lo ritrova in televisione, ricambia e sta ancora lì, spegne e resta in memoria l’eco di Fini: cioè Bocchino. È difficile ignorarlo del tutto.
La teoria di Bocchino è che lui soffre ogni volta che questo quotidiano, gli altri no, scrivono una riga su di lui. Si sente perseguitato. Che bisogna fare? Si cercherà di ignorarlo fin quando è possibile, anche se onestamente è difficile non sentire il suo bla bla bla perpetuo. Ma forse bisogna far capire all’onorevole che lo stalking è un’altra cosa. Le violenze mediatiche sono altre. Ci sono ragazze messe all’indice sui giornali buoni e puritani, marchiate come prostitute, spiate, intercettate perfino quando parlano con la madre. Sono state marchiate dai professionisti del moralismo. Sono andati a scavare nella loro vita intima. Senza pietà e senza che nessuno alzasse un dito per dire: non è il caso di fermarsi? No, per loro non ci sono garanzie. Sono immonde. Sono andate a cena con Berlusconi. Una giornalista perbene di Annozero può tartassare di domande una delle ragazze marchiate e seguirla e insistere, anche se lei quasi in lacrime dice che non ha nulla da dire, che non vuole parlare. E a quel punto viene strattonata, presa per un braccio, e costretta a scendere dalla macchina. Poi il salotto giustizialista batte le mani. Ecco come vanno trattate le amiche del premier.
Il Cavaliere, appunto. Berlusconi non gode di nessun diritto. Se un fotografo si apposta davanti alla sua villa per mesi e fotografa la sua vita privata, i suoi ospiti, quello che fa, chi vede, con chi parla è solo sacrosanta libertà di stampa. Berlusconi può essere insultato in tv e su tutti i media senza rischiare nulla, anzi incassando applausi e un biglietto d’onore per la confraternita dei Saviano e dei Moretti. Sputare fango su Berlusconi è un’opera di bene. Nessuno si accontenta dello stalking. Il Cavaliere va massacrato.
La stessa sorte capita a chi lo difende.

Giuliano Ferrara è passato da arguto intellettuale fogliante a ributtante consigliere del male assoluto. Non gli hanno risparmiato nulla: dal becero all’invettiva, da grassone a menagramo. La caccia grossa all’elefante è iniziata. E i bracconieri sparano con la mitragliatrice.

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