Qualcuno la prossima primavera si leverà più di una curiosità riguardo a Jerome David Salinger, lo scrittore americano scomparso il 27 gennaio scorso. Salinger - come tutti sanno - è l'autore di un libro famoso («Il giovane Holden»). Era però ancor più popolare per la sua celeberrima ritrosia a ogni tipo di contatto col mondo esterno. Di lui girano pochissime fotografie (si possono contare sulle dita di una sola mano). Da molti lustri viveva rintanato a Cornish, nel New Hampshire. Aveva lasciato New York nel 1953, un paio d'anni dopo la pubblicazione del romanzo che l'avrebbe reso immortale. I diritti d'autore gli consentivano una vita agiata, ma Salinger preferì approfittare di quella sicurezza economica per togliere la sua silhuette dall'occhio di bue della celebrità.
Da allora quasi mezzo secolo di misteri e congetture. E soprattutto speculazioni. Che hanno fortificato il mito e incrementato il successo - già planetario - del «Giovane Holden» (dal '51 a oggi ne sono state vendute 60 milioni di copie). Ora il sito deadlinehollywood.com ha rivelato l'esistenza di un documentario dedicato proprio a Salinger. Un filmato che fino alla sua morte è stato tenuto gelosamente nascosto da parte del suo autore, Shane Salerno.
Il trentasettenne sceneggiatore, noto ai più per la collaborazione al film «Shaft», avrebbe inserito nel documentario circa 150 interviste con persone che hanno conosciuto o ammirato l'autore del «Giovane Holden», tra cui Philip Seymour Hoffman, Edward Norton, John Cusack, Danny De Vito, Martin Sheen, Robert Towne, Tom Wolfe, E.L. Doctorow, Elizabeth Frank, Gore Vidal, e molti altri.
Dopo cinque anni passati a metterlo a punto, Salerno avrebbe finito da poco (guarda la curiosa coincidenza) di montare il documentario e potrebbe proporlo per il prossimo festival di Cannes. La parte del leone di questo documentario, però, la fanno le sequenze inedite di Salinger, che comprendono anche materiale biografico (come fotografie e registrazioni) dello scrittore americano.
Ovviamente tutti si chiedono se nel film ci siano anche interviste allo stesso Salinger. Salerno, c'era da aspettarselo, si è chiuso in un levantino silenzio per mantenere alta l'attenzione sul suo lavoro. Ora spetta ai responsabili delle selezioni di Cannes decidere se programmarlo o meno (ovviamente loro avranno il privilegio di vederlo in anteprima e quindi - eventualmente -smascherare il bluff del giovane sceneggiatore).
Difficile però che il mito di Salinger possa essere infranto da Shane Salerno. L'autore del «Giovane Holden», infatti, non contava soltanto sulla sua granitica determinazione nel volersi sottrarre a fan, ammiratori, curiosi e giornalisti. Il suo «isolamento» era garantito anche dalla stessa comunità di Cornish. Una piccola comunità di provincia assediata dai boschi del New Hampshire sa quali sono i ritmi e i tempi giusti per una vita naturale fuori dai clamore del «bel mondo». E non vuole rinunciarvi. Se Salinger aveva scelto proprio Cornish come buen retiro, un motivo doveva pur esserci!
Adesso è la vedova dello scrittore ad aver paura dei riflettori. Gli occhi di curiosi e giornalisti, restano puntati in direzione di Cornish e Colleen O'Neill, teme che tutto questo possa portare una rivoluzione anche nella sua di vita. «Avete protetto lui, ora proteggete anche me dagli sguardi indiscreti». Suona così un appello della O'Neill ai suoi vicini di casa e compaesani di Cornish. La vedova ha inviato una e-mail al giornale locale, «The Valley News», esprimendo gratitudine agli abitanti di Cornish che per oltre mezzo secolo hanno protetto la «vita reclusa» del romanziere leggendario e per «quell'involucro protettivo» che ha impedito a tutti coloro che ci hanno provato di individuare quale tra quelle grandi e belle dimore di campagna nascondesse l'autore del «Giovane Holden».
Colleen Salinger ha detto che il marito è sempre stato «immensamente grato» ai residenti di Cornish per il rispetto dimostrato verso la sua privacy. «Cornish è un posto davvero notevole. La bellezza di questo posto ha offerto a mio marito un luogo di grande lontanza dal mondo», ha scritto la vedova di Salinger nella e-mail, aggiungendo: «La gente di questa città ha protetto lui e il suo diritto alla privacy per molto tempo. Spero, e credo, che farà lo stesso per me». I vicini di casa di Salinger hanno raccontato a «The Valley News» che «far indovinare agli estranei il luogo esatto dove viveva lo scrittore è stato uno dei giochi più divertenti escogitati dalla cittadinanza». «Erano tutti così disperati se non riuscivano a vedere e a parlare con questo grande uomo!», ha detto Peter Burling, che ha vissuto per 44 anni a poche case di distanza da Salinger.
Viene naturale chiedersi se la riservatezza di Salinger sia stata determinante per il successo del libro. Un tipico romanzo di formazione. Considerato rivoluzionario (per l'epoca in cui è stato scritto) a causa di un linguaggio molto disinvolto. I modi spregiudicati del giovane Caulfield, in verità, oggi farebbero sorridere. Eppure resta un long seller amato da tutte le generazioni.
Se Salinger avesse rotto il suo isolamento con comparsate tv, con editoriali sui più grandi giornali americani; se avesse fatto dichiarazioni di voto, se avesse partecipato a manifestazioni di protesta e se avesse messo il suo nome in calce a qualche petizione, forse Holden Caulfield sarebbe a poco a poco ingiallito perdendo appeal nei confronti dei nuovi lettori. Caulfield è rimasto giovane proprio come l'immagine del suo autore. Che non ha mai avuto modo di deludere nessuno. Come tristemente accade, invece, nei festival letterari e negli incontri ravvicinati con i mostri sacri della letteratura. «Prendi Mantova ad esempio - mi confessa un'amica, assidua frequentatrice del festival lombardo -.
Salinger, per fortuna sua e del suo celebre personaggio, ha salvato se stesso e tutti noi da questo imperdonabile errore. Già solo per questo si meriterebbe l'immortalità.
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