«Il segreto della felicità? Saper tornare bambini»

«Ci sono forze dentro di noi che portano all’autorealizzazione»

«Il segreto della felicità? Saper tornare bambini»

«Le abitudini ci pesano, sul lavoro non siamo realizzati, con il nostro partner stiamo male». Non infonde allegria la presentazione del seminario che Raffaele Morelli, psichiatra e fondatore della rivista Riza Psicosomatica, chiuderà oggi, alle 15, con una conferenza presso l’Hotel Executive, in viale Sturzo 45. La buona notizia è che si può cambiare con la forza di volontà. Ma perché questa insoddisfazione, questa voglia, spesso frustrata, di cambiare direzione? «Perché abbiamo un giudizio troppo duro su di noi. Pensiamo troppo, ci critichiamo troppo», risponde Morelli.
Pensando un po’ di meno si libera la forza di volontà capace di guidare verso il cambiamento?
«Non stiamo parlando di quella forma velleitaria di volontà che entra in gioco quando diciamo “mi metto a dieta” o “smetto di fumare”. Se vuoi realizzare la forza di volontà devi sviluppare l’anima bambina. Più sforzo fai, meno funziona. Ma se la tua mente è priva di pensiero, allora la forza di volontà è come un dio interiore che porta a compimento ciò che sei».
Sembra di ascoltare un maestro zen...
«Ma anche ebraismo e cristianesimo sostengono l’esistenza di una realtà che provvede all’individuo. Ci sono forze che, se lasciate scorrere liberamente, portano alla realizzazione di sé. Dentro di noi abbiamo risorse immense, ma il ragionamento le ostacola. Il cervello allo stato naturale è come quello di un bambino: capace di produrre felicità in ogni momento».
Le sembra che la medicina evolva verso una visione integrata della salute?
«Ormai a nessuno sfugge che quanto accade nel cervello si riverbera nel corpo intero. Sappiamo che il rancore intossica il cervello il quale produce tossine responsabili della degenerazione dei tessuti, cancro compreso. E che il cervello governa il sistema immunitario, il cuore, le ossa, i polmoni».
Quindi l’arte perduta di guarire è stata ritrovata dai medici?
«Molti medici sono capaci di una relazione medico-paziente straordinaria. Alcune ricerche dimostrano che se le finestre di un ospedale si affacciano su un parco piuttosto che su un parcheggio di cemento, i pazienti guariscono più rapidamente. Anche il paziente che ha vicino un amico guarisce più in fretta, persino da un infarto».
Se dicessero di lei che è l’espressione della cultura new age si sentirebbe offeso o lusingato?
«Il giudizio non mi tocca. Io mi occupo dell’anima, e comunque detesto il pensiero new age, o almeno una parte di esso. Faccio quello che so fare, sono più semplice di un tempo, sto meglio di un tempo».
Ed è anche più felice di un tempo?
«La domanda corretta sarebbe “è felice adesso?”.

Diamo alla felicità un senso di permanenza che non le appartiene».
Allora è felice adesso?
«Diciamo che mi arrivano dosi di felicità che un tempo mai mi sarei aspettato. È come un lampo che viene, la felicità, bisogna lasciarla fare, avere il coraggio di farsi travolgere».

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