Per intere settimane bersaglio di un gruppo di compagni di classe: deriso, insultato, umiliato. E l’altro giorno, in una prima di un liceo milanese nella zona di Baggio, viene immobilizzato sulla cattedra e denudato. Un odioso caso di bullismo destinato forse a restare sconosciuto se non fosse stato segnalato attraverso un messaggino arrivato sul cellulare dello studente preso di mira, inviato dai suoi stessi aguzzini: «Sei un gay». La mamma del ragazzino aveva quasi subito intercettato il messaggio e la mattina dopo si era precipitata a scuola per chiarire col preside la situazione.
Scatta l’indagine. È così viene a galla una verità che era sfuggita agli stessi insegnanti, perché gli episodi di bullismo avvenivano normalmente durante l’intervallo o nei corridoi della scuola. Il preside non perde tempo: chiama uno dei servizi di emergenza istituiti dall’Asl di Milano per fronteggiare il bullismo e si avvia l’intervento per rimediare alle pesanti conseguenze provocate da questa vicenda. Sul ragazzo vittima delle prevaricazioni dei compagni, ma anche sulle responsabilità degli studenti bulli. «Abbiamo già incontrato il consiglio di classe – dice Nicola Iannaccone, lo psicologo dell’Asl che ha in carico il caso –. Lavoreremo con i docenti, ma anche con i ragazzi. L’importante è che ciascuno faccia la sua parte nel modo dovuto». Un intervento provvidenziale anche per evitare che il caso potesse finire in mano alla magistratura. La madre del ragazzino in un primo tempo, infatti, avrebbe voluto denunciare la situazione alla polizia. Il preside l’ha convinta ad accettare un’altra via d’uscita. Mentre si sta ancora cercando di ricostruire l’intera situazione raccogliendo prove e testimonianze, presto il consiglio di classe alla presenza dei rappresentanti dei genitori e degli stessi studenti dovrà riunirsi per valutare il comportamento dei bulli e decidere quali sanzioni dovranno subire. Non potrà passare inosservata, comunque, nemmeno la responsabilità di coloro che hanno assistito passivamente agli episodi di bullismo, in particolare quello dell’altro giorno durante il quale il ragazzino è stato a forza denudato. Ma l’intervento più impegnativo dello psicologo dell’Asl riguarderà la vittima di questa situazione. «Se non ci fosse stato quel messaggino intercettato dalla mamma – spiega Iannaccone – il caso sarebbe ancora rimasto coperto: ancora adesso quel povero studente ha paura di parlare.
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