Sepolto anche il ricordo del grande poeta

Sepolto anche il ricordo del grande poeta

Pier Luigi Gardella

Su un poggio del cimitero di Sant'Ilario affacciato sul Golfo Paradiso, da dove (per usare una sua espressione) le vele sul mare sembrano farfalle, riposa Edoardo Firpo. Abbiamo visitato ieri la sua tomba, dove volle che fosse collocata, e sulla quale si leggono i suoi versi di «Ciammime un po unn-a mattin». Nel cimitero, abbastanza pulito e ordinato, quella lastra che poggia sulla nuda terra è circondata di desolazione.
Tre fiori di plastica, tante foglie secche di cipresso, la lapide sporca, null'altro.
Quello che è forse stato il più grande poeta dialettale della nostra terra, giace dimenticato in compagnia solo dei suoi versi scolpiti sulla tomba. L'intellighenzia genovese, sempre pronta a magnificare le sue liriche, ad esaltarne lo spirito profondamente ligure dei suoi versi, dimentica il suo sepolcro, dimentica l'unico legame rimasto tra lui e la sua terra. Forse Firpo non ha più nessun parente che voglia prendersi cura della sua tomba, ma un amico ci sarà ancora. Si troverà un intellettuale tra quelli sempre pronti a celebrarne le grandi qualità, disposto a pulire la sua tomba, a portare un fiore almeno in occasione del 2 novembre?
Spiace accorgersi di come sia sempre meno diffusa, e non parlo solo di Firpo, la frequentazione dei cimiteri, per prendersi cura della tomba dei propri cari. Guardandoci in giro, nel cimitero, vediamo che tante sono le tombe che forse non vedranno un fiore nemmeno il 2 novembre. Dopo la commozione del funerale, magari gli applausi al feretro, le condoglianze e le corone di fiori, la tomba è presto dimenticata. La vita riprende, e con essa gli impegni, il lavoro, gli svaghi. La visita al cimitero si rimanda. I morti possono aspettare. A volte, invece, una visita al cimitero può far riflettere, può essere una pausa, un momento in cui pensare alle cose più vere, ai cosiddetti valori.

Forse può aiutare più di una visita in chiesa.
Ed aiuta anche a scoprire un poeta abbandonato, che invano ci dice «Ciammime un po unn-a mattin, chissà che da quarche rianello, da quarche ramma de pin, no te risponde un pittin».
(7 - continua)

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