Tutto, in questa intricata vicenda che sembra proprio un serie tv, è iniziato con l'uscita di Baby Reindeer su Netflix. La serie, che ha ottenuto un enorme successo di pubblico mondiale, era stata creata da Richard Gadd che l'ha anche interpretata, e in sostanza raccontava la vicenda di una stalker che per anni lo ha perseguitato con migliaia di mail, messaggi telefonici e appostamenti.
La curiosità morbosa dei telespettatori, ha portato poi a cercare la vera Martha della serie, questo personaggio così ambiguo e controverso che era stato individuata in Fiona Harvey, una donna scozzese di mezza età che Piers Morgan, nel suo noto programma, aveva invitato per intervistarla. In quell'occasione la donna aveva negato di aver perseguitato Gadd, mandandogli appena: "Un paio di mail" e che molti dei fatti raccontati nella serie non erano affatto veri, minacciando infine di fare causa.
Dalle parole ai fatti
Per chi ha visto Baby Reindeer, e per chi non lo ha fatto il consiglio è di vederla, sa bene quanto la donna abbia usato tutti i mezzi possibili per entrare nella vita del protagonista e quanto questa abbia sempre, seppur in maniera estremamente negativa, mantenuto le sue promesse. Lo ha fatto anche in questo caso citando ora in giudizio Netflix e chiedendo 170 milioni di dollari di danni con l’accusa di essere stata diffamata nella nella serie.
Nella denuncia, presentata al tribunale federale di Los Angeles, Harvey ha accusato la piattaforma e il creatore della serie, Richard Gadd, di aver oltrepassato i limiti, facendola passare come una stalker condannata a cinque anni di prigione. A suo dire era stato addirittura Gadd a farsi avanti con delle avance. Il protagonista si era già difeso da queste accuse spiegando che la versione andata online era in realtà romanzata e di aver modificato da subito alcuni aspetti salienti, sia per coprire la privacy di alcuni personaggi. ma anche per ovvie precauzioni legali.
La difesa di Netflix
Precauzioni che visto l'interesse suscitato dalla serie sono durate veramente poco.
Ora alla richiesta dei 170 milioni di dollari, è intervenuto anche Netflix con una dichiarazione all' AFP. Un portavoce della piattaforma ha spiegato di voler: "Difendere la questione con forza e sostenere il diritto di Richard Gadd di raccontare la sua storia".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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