Un "Dostoevskij" killer e letterato

La serie firmata dai fratelli D'Innocenzo

Un "Dostoevskij" killer e letterato
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Se volete scendere nel profondo delle vostre inquietudini, sofferenze, asprezze, fallimenti, non dovete perdervi Dostoevskij, prima prova seriale dei Fratelli D'Innocenzo. La serie arriverò su Sky e Now il 27 novembre, con tutti i sei episodi disponibili insieme. E già questo è anomalo per Sky, come è fuori dal normale tutto il lavoro di Fabio e Damiano, i fratelli fusi nella testa e nella parentela. Fusi sono, anche, i generi della trama che si sposta dal thriller al poliziesco all'esistenzialismo fin quasi all'horror. Attraverso un immaginario visivo desolante e cupo, i registi e autori esplorano le profondità dell'animo umano e, insieme, sferzano la società bigotta, ipocrita e incapace di difendere i più fragili.

«Quando io e mio fratello scriviamo però - spiega Damiano D'Innocenzo - non puntiamo la penna verso il mondo come atto di denuncia, bensì verso noi stessi. Il malanno di cui parliamo non è di tutti, ma è inevitabilmente il mio. E quello di mio fratello. Tutte le asprezze, la muffa, lo stagno, il catrame, sono io».

A reggere tutto ciò è un formidabile Filippo Timi (nella foto) che incarna fino nelle viscere (compresi vomito e colonscopia) il personaggio di Enzo Vitello, un poliziotto tormentato che è eroe e anti-eroe insieme. Perso nei suoi dolori, con un segreto inconfessabile e con un rapporto difficile con la figlia (Ambra, interpretata da Carlotta Gamba), si deve confrontare con un serial killer chiamato appunto Dostoevskij. Un individuo che commette atti orribili per dare ordine al suo mondo: lascia lettere dettagliate accanto alle vittime descrivendo i loro ultimi istanti, riflettendo sulla morte e la vita. Un complesso esercizio epistolare che diventa un'ossessione per il poliziotto in cui rispecchia il proprio tormento interiore.

Racconta Timi: «Mi sono fatto attraversare dal dolore. Lavorare con i D'Innocenzo è come andare in guerra, c'è un sì sproporzionato, assoluto, totale. Tutti i parametri saltano, per questo galleggi o anneghi. E sì, a volte sono annegato. Anche svenuto».

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