Sfida tra cappotto e piumino, vince l’ibrido

da Firenze

Nella guerra tra piumino e cappotto vince una nuova razza di capi invernali che mette d’accordo gusti ed esigenze maschili un tempo inconciliabili. Lo dimostrano le innumerevoli proposte geneticamente modificate viste in questi giorni a Firenze dove si sta svolgendo l’edizione numero 71 di Pitti Immagine Uomo.
«È come se il classico paltò sartoriale che è elegante per natura andasse verso la praticità delle giacche a vento, e viceversa», spiega Luca Cordero di Montezemolo davanti a una collezione Ballantyne per il prossimo inverno trasversale nell’anima. Oltre ai cappotti e alle giacche formali che si appallottolano come un K-way senza fare una piega, ci sono bellissimi modelli sportivi come il parka di cashmere con l’interno trapuntato oppure il giaccone in lana impermeabilizzata (il nylon è troppo tecnico e poco «charmant» per un marchio di culto nel morbido mondo della maglieria) che possono essere usati anche per andare al Fondo monetario.
Da FerraGamo, invece, sfila un cappotto militare doppiato di zibellino «Bargouzine» (il più prezioso che ci sia, usato un tempo solo per scaldare gli zar) che costa la bellezza di 80 mila euro, ma sintetizza il nuovo corso della griffe: l’estremo lusso destinato però anche al pubblico più giovane ed esigente sul fronte moda. Non a caso un divo emergente come Will Smith protagonista del film «La ricerca della felicità» di Gabriele Muccino oppure una rockstar del calibro di Jamiroquai, hanno già visto la collezione ordinando perfino i maglioni fatti a mano del nuovo progetto «Su misura». «Per noi è più importante il pezzo eccezionale del piumino», dice l’amministratore delegato Michele Norsa rivelando poi che per lo storico marchio fiorentino nei cosiddetti mercati Bric (Brasile Russia India e Cina) il business della moda uomo è superiore a quello della donna. Si torna così alla guerra dei capispalla. «Vincono i cappotti: sono più belli, più chic, per tutta la vita», sentenzia Stefano Ricci proponendo comunque alla sua miliardaria clientela piumini in cashmere, montoni di visone depilato, cacciatore di suede con riscaldo in pelliccia. «La comodità del piumino è insuperabile, ma dobbiamo capire di cosa stiamo parlando», dichiara Graziano Gianelli, amministratore delegato di un gruppo nato dall’abbigliamento tecnico da sci e poi trasformato in un punto di riferimento modaiolo con i marchi Geo Spirit, Peuterey, Kejo e Dekker. «Il vecchio capo trapuntato e imbottito di piuma d’oca sta perdendo terreno- spiega - il mercato vuole cappotti con le stesse caratteristiche performanti oppure blazer con piumini staccabili all’esterno: prodotti che coniugano stile e performance». Esemplare in questo senso l'impressionante balzo di fatturato della sua azienda: dai 5-6 milioni di Euro costanti nei primi 10 anni di solo sport, agli attuali 100 milioni.
Non per nulla anche un marchio ultrasportivo come Napapijri sta diversificando le proposte tanto che la parte tecnica della collezione è stata presentata in una cella frigorifera a meno 18 gradi, mentre quella urbana in un’area dello stand che riproduceva una scuola d’arte di New York. Authier, storica griffe degli sport invernali (nasce nel 1910 in Svizzera ed entra nel mito con gli sci Vampire e con le prime olimpiadi sulla neve) presenta capi a costruzione sartoriale, l’elemento di forza del Gruppo Aeffe di Alberta e Massimo Ferretti che controlla il brand.

Allegri lancia una nuova stampa a macchie azzurre che ricorda il motivo mimetico dell’esercito indiano: un’invenzione del duo stilistico di culto Viktor & Rolf. Intanto alla discoteca Yab di Firenze in una sola sera sono stati rubati 20 piumini Woolrich, tra i più amati dai ragazzini. Che sono il vero motore della moda.

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