La sfida al Parkinson. Molecole in prima linea per rallentare l'esordio

Il presidente: "Con i farmaci antidiabetici la malattia si sviluppa 7 anni più tardi"

La sfida al Parkinson. Molecole in prima linea per rallentare l'esordio
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Non si ferma la ricerca scientifica, al contrario procede con impegno e determinazione verso il traguardo di guarire, e non solo curare il Parkinson. A dimostrarlo, nuovi farmaci, nuove procedure diagnostiche, nuovi dati scientifici nel campo della biologia molecolare, della biochimica e della genetica della malattia di Parkinson, e nuovi sviluppi nella comprensione delle cause della malattia. Ma la strada è ancora lunga e non priva di ostacoli e sfide. Strada che vede camminare a braccetto ricercatori, medici, ospedali, strutture, enti privati, no profit italiani e stranieri, tutti uniti nel comune obiettivo. Tra questi spicca in Italia la Fondazione Pezzoli per la Malattia di Parkinson (ex Fondazione Grigioni per il Morbo di Parkinson), che dal 1993 è in prima linea su questo fronte.

Da sempre legata all'Associazione Italiana Parkinsoniani, è il primo ente italiano privato senza fini di lucro nato e vocato a raccogliere fondi da destinare alla ricerca scientifica per combattere il Parkinson.

In questi quasi trent'anni di attività la Fondazione ha pubblicato oltre trecento lavori scientifici e sostenuto progetti nazionali e internazionali di grande rilevanza, raccogliendo una media di 25mila 5x1000 all'anno, che sono tanti, ma non sono mai abbastanza. Perché i costi della ricerca sono molto elevati e in Italia l'impegno pubblico in questo settore è purtroppo ancora carente.

Ciononostante, la Fondazione va avanti a ritmo spedito, portando attualmente avanti quattro linee di ricerca principali: identificare farmaci che possano bloccare la progressione della malattia attraverso terapie semplici o più complesse a seconda delle necessità dei pazienti, identificare test che possano fare riconoscere la malattia prima ancora che si presentino i sintomi, migliorare la presa in carico multidisciplinare del paziente parkinsoniano - che coinvolge un team composto da neurologo, psicologo, dietologo, fisioterapista e logoterapista - e verificare sul campo la sicurezza dei trattamenti proposti ai pazienti - che sono, stando a stime e proiezioni, circa 400mila in Italia.

Nell'ultimo anno, poi, l'impegno della Fondazione si è concentrato sull'effetto dei farmaci antidiabetici nei pazienti affetti da Parkinson, in particolare sullo studio delle proprietà neuroprotettive della metformina, e del possibile utilizzo di questa molecola nei pazienti con malattia all'esordio, con l'obiettivo di ritardarne l'insorgenza.

«Se dovessimo guardare al numero di farmaci usciti per questa malattia negli ultimi dieci anni, rimarremmo un po' delusi» esordisce Gianni Pezzoli, direttore emerito del Centro Parkinson e Parkinsonismi di Pini-CTO Milano e dal 2000 Presidente della Fondazione Pezzoli. «In realtà si stanno facendo, dietro le quinte, passi in avanti consistenti e promettenti nel mettere a fuoco le cause scatenanti della malattia, con conseguenze importanti sulle cure. Per esempio, è emerso che chi assume metformina, storico farmaco contro il diabete, sviluppa la malattia sei-sette anni più tardi e, di conseguenza, l'aspettativa di vita cresce. Con l'aumento dell'aspettativa di vita il nostro obiettivo è fare aumentare di pari passo anche la qualità di vita dei nostri pazienti.

Su questa scia, proprio di recente, stanno proseguendo gli studi e le analisi sugli effetti positivi che anche altri farmaci antidiabetici potrebbero avere nel ridurre la progressione della malattia, offrendo, quindi un ulteriore contributo alla ricerca, un passo in avanti nella direzione giusta».

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