SFIDUCIATI FINI E BERSANI Respinto l'assalto della sinistra

Altro che golpe, Berlusconi tiene e ha la maggioranza assoluta con 316 sì. E arrivano i soldi per rilanciare l'economia . L'opposizione cade nel ridicolo. Lo sfogo del segretario democratico descrive la desolazione di un’opposizione ormai ridotta a una passerella di zombie. E Casini resta impantanato ai piedi del Colle

SFIDUCIATI FINI E BERSANI  
Respinto l'assalto della sinistra

Povero Bersani, ogni volta che ci prova si becca un cazzotto sulla faccia. Lo ammette anche lui. Un de­putato del suo partito, non si sa se per prenderlo in gi­ro o per cortigianeria, pochi minuti dopo aver incas­sato l’ennesima sconfitta dice: «Complimenti Pier­luigi, ottima strategia».Bersani lo guarda un po’ per­plesso, visto che non riesce a capire dal tono le vere intenzioni del collega. Alla fine sceglie di rispondere se­rio e sconsolato: «Strategia? La ve­rità è che anche stavolta l’abbia­mo preso sui denti».

Il senso della giornata politica dell’opposizione sta qui: in quel­la botta sui denti. Il resto è salotto. Se la maggioranza campa alla giornata, la sinistra fa la figura di una ciurma di sfigati. Non stiamo messi bene. Il governo vivacchia, l’opposizione è una passerella di zombi. Non c’è in questo Paese un’alternativa credibile. Ormai il sospetto comincia ad averlo chia­ro anche Napolitano. Governo tecnico, larghe intese, comitati di salvezza nazionale. Ma con chi? Dopo Berlusconi c’è il vuoto e si spera nel voto. Pannella, lucido e per l’occasione perfino sintetico, ha fotografato co­sì la realtà politi­ca: «Presumo che nel Pd ci sia del ma­sochismo. Anche quando l’altro è ri­dotto a polpette, quelli che sono mangiati sono lo­ro ». Vocazione al tafazzismo.

Povero Bersani e povero anche Fi­ni. Il fu delfino di Berlusconi, quel­lo che d­oveva esse­re il portavoce del­l’ennesima sfidu­cia, fallisce anche in questo ruolo. Neppure come se­condo dei secondi riesce a trovare una propria dimensione. Il 14 dav­vero non gli porta bene. Dopo il 14 dicembre deve digerire questo 14 ottobrino. Il Parlamento insom­ma ha finito per sfiduciare tutti e due. No a Bersani e no a Fini. Se fossero coerenti si dimetterebbe­ro. Eppure per qualche ora si sono nutriti di attimi di speranza. Ecco­li lì, in Transatlantico, con l’oc­chio fisso sul televisore che passa le immagini della Camera e il pal­lottoliere in mano.

Questa volta i capi del Pd hanno scommesso tut­to su un numero, quello non lega­le. La tentazione aventiniana la t­i­rano fuori quando sono in vena di retorica, ma stavolta doveva esse­re un esempio di furbizia e strate­gia. L’idea era questa: se la mag­gioranza non raggiunge il nume­ro legale facciamo slittare la fidu­cia, lasciando il governo a bagno­maria. La misura dell’asticella fis­sata a 315. Niente da fare. Il giochi­no non riesce. Ogni numero è una stilettata, ogni nome una croce. Quando capiscono che l’Aventi­no si sta sfaldando corrono di fret­ta a prendere posto nell’emiciclo per evitare un punteggio bulgaro e il senso di vuoto che già aleggia sui banchi dell’opposizione.

L’ef­fetto scenico va oltre il ridicolo. Sfiora la farsa totale. Offre il senso di un Pd incapace di contrastare una maggioranza in difficoltà. Se a destra, con la votazione sul ren­diconto economico, quando il go­verno è andato sotto, si parlava di pressappochismo e sciatteria, a si­nistra sono una mandria di dilet­tanti presuntuosi. Oltretutto, or­mai, si lasciano andare anche a scene di isterismo sguaiato e invi­perito. Il numero legale è stato raggiun­to anche grazie alla presenza dei deputati altoatesini e dei radicali. Proprio verso questi ultimi si è in­dirizzata la rabbia dei pasdaran piddini. Raccontano che la più scalmanata di tutti sia stata la soli­ta Rosy Bindi, che ha dato dimo­strazione di tutto il repertorio di imprecazioni quando ha visto en­tr­are in Aula Maria Grazia Coscio­ni, che ha votato contro la fiducia, ma ha fatto il suo dovere di parla­mentare.

Ricorda il radicale Enri­co Procacci: «In poche ore, la col­lega Bindi è stata capace di soste­nere che i radicali hanno umiliato lei e il Pd; che sono fuori dal Pd, e che comunque dal Pd vanno cac­ciati; che è stato un errore candi­dare i radicali nelle liste del Pd. Or­mai somiglia davvero alla ranoc­chia della favola che a forza di gon­fiarsi alla fine esplode». Il guaio del Pd è proprio questo.

In tutti questi anni non ha fatto né politica né opposizione, ma ha ri­sposto a Berlusconi con un inutile sfogo di rabbia e bile. Il risultato è che fino a quando resisterà il Cava­­liere saranno isterici, dopo non sa­ranno nulla.

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