Sgarbi depone le armi: pace fatta con la Moratti

MilanoEravamo rimasti a Clausura a Milano, Da suor Letizia a Salemi, il violento pamphlet scagliato da Vittorio Sgarbi contro la Moratti, rea di averlo allontanato anzitempo dalla scrivania di assessore alla Cultura. Ma se «io vi sbigottirò» è l’anagramma del suo nome, il critico d’arte c’è riuscito ancora una volta. Organizza una mostra per Caravaggio un anno dopo il centenario della morte, a celebrazioni ormai scadute, espone tre opere del Merisi («non potendo per forza di cose ottenere le altre») e una sessantina di dipinti che tra Venezia e Milano ne avrebbero formato spirito e stile. Assicura che la grandezza dell’esposizione, inaugurata ieri al Museo Diocesano di Milano, è impresa di cui menar vanto perché finalmente di lui ci fa scoprire «non ciò che ha fatto, ma ciò che ha visto» e suggella il tutto con un titolo furbo: Gli occhi di Caravaggio. Ed è un successo con code da rock star per il pittore maledetto già alla vernice di ieri sera.
Assente, anche se annunciato, Roberto Maroni che da ministro dell’Interno ha prestato l’opera più bella, la Flagellazione (1606-1608) del Caravaggio di proprietà del fondo Edifici di culto. Puntualissimo, invece, Silvio Berlusconi arrivato da Roma dopo il consiglio dei Ministri sulla riforma della giustizia. E che Sgarbi dice di voler «staccare dai suoi affetti quotidiani e trasportarlo dal Marocco a Milano. Restituendolo per un po’ a quella civiltà artistica italiana che lui nel bene o nel male rappresenta». Anche perché «il suo compleanno è il 29 settembre, come Caravaggio».
Il tutto a far da cornice alla pace tra Sgarbi («solo un armistizio») e la Moratti, candidato sindaco che già una volta lo accolse nella sua giunta con delega alla Cultura. «E ancora - sghignazza il critico - non ho capito perché mi abbia cacciato». Lei sorride e ricorda come «Milano senta Caravaggio come un proprio figlio, anche se dei suoi primi venticinque anni, in città non lasciò nessuna traccia». Ma Sgarbi ci riprova. Anzi ci riproverebbe. Pronto a rifar l’assessore («sarebbe un giusto risarcimento»). Ma subito pronto a metter condizioni («solo a patto che Letizia si penta»). Possibilità? «Credo che sia già sulla strada del pentimento». Sbruffonata, anche se a suggello ci sono la lunga visita insieme all’esposizione e un bacio davanti ai giornalisti. Esclusa, invece, una lista di «disturbo» griffata Sgarbi. «È inutile continuare la guerra. L’ho fatta a lungo con la Moratti e ho minacciato di candidarmi per toglierle i voti, mettendola a rischio di andare al ballottaggio». Non si farà. «Ci penserà Gianfranco Fini - sibila Sgarbi -. Anche se apprezzasse il lavoro della Moratti, presenterà a Milano Futuro e libertà solo in odio a Berlusconi». La Moratti abbozza e non nega un’apertura. Anche se qualcuno, soprattutto dopo l’incontro di ieri sera con il premier Berlusconi e le imminenti dimissioni di Sandro Bondi, comincia a far circolare il nome di Sgarbi come ministro della Cultura. Ma lui nega. «La soluzione giusta è che Berlusconi assuma l’interim», sostituendo lui stesso Bondi.
«La cultura è il patrimonio più importante per l’Italia», assicura il premier dopo essersi fermato a lungo davanti al San Matteo e l’angelo (1588) di Vincenzo Campi prestata dalla chiesa di san Francesco d’Assisi di Pavia. In cambio sarà restaurata. In diretta, sotto lo sguardo dei visitatori. Un esempio di come si possa rilanciare il turismo. «Che io - aggiunge Berlusconi - da uomo concreto so bene quale importanza abbia per l’Italia. Già oggi il 9,3 per cento del Pil. Ma dopo che abbiamo creato appositamente un ministero, abbiamo dato alla Brambilla un obiettivo del 20 per cento. Le aziende si possono delocalizzare, le opere d’arte i turisti devono venire a vederle in Italia». Sgarbi? «Una genialata questa mostra. È un paragone birichino quello fra Umberto Bossi e Caravaggio.

Caravaggio si trovò ad avere a che fare con il Manierismo e portò la fotografia nella pittura, Bossi qui a Milano si preparò in quella che oggi viene chiamata Padania e poi andò a Roma e buttò all’aria la politica italiana».

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