Sgarbi: "Guzzanti è la vera Veronica" E in televisione scoppia la rissa

A "Tetris" su La7, il critico provoca: "Sei come lei: ti sei accorto troppo tardi di com’è Silvio". Il deputato liberale: "Falso. Ho rotto con il premier quando è diventato amico di Putin"

Sgarbi: "Guzzanti è la vera Veronica" 
E in televisione scoppia la rissa

Roma La pirotecnica scazzottata tra Vittorio Sgarbi e Paolo Guzzanti finisce con un colpo in faccia a testa. Democraticamente. Pugni simbolici soltanto perché il secondo era «rinchiuso in un magazzino di scope», nello pseudo collegamento esterno agli studi di Tetris, trasmissione condotta da Luca Telese e andata in onda venerdì sera su La7. Venticinque metri. Questa la distanza che li separava nella telerissa conclusa con il feroce ping pong: «Buffone». «Falsario». «Carogna».
Si discetta di divorzio, veline, politica, tv e ciarpami vari quando il sanguigno Sgarbi mette mano alla cintola. Sfodera la lama e parte la stilettata: «La vera Veronica Lario è Guzzanti». Con il consueto eloquio a mitraglia srotola il suo ragionamento rievocando l’antefatto: «La ragazza Guzzanti fa una tremenda caricatura della Carfagna dicendo cose orribili. Il padre, parlamentare di Forza Italia, eletto da Berlusconi, si trova nella contraddizione di difendere il “santo” e difendere la figlia. Sceglie di difendere la figlia ed esce da Forza Italia».
In effetti Sabina, luglio 2008, in piazza Navona durante uno dei tanti No-Cav Day, aveva aizzato la platea a suon di «donne che la danno via», «Viagra», «sesso orale» e pugni chiusi. Insinuazioni pesantissime e volgari nei confronti del ministro per le Pari opportunità Mara Carfagna la quale aveva fatto partire un «poveretta mi fa pena» oltre a una citazione in giudizio. Papà Paolo aveva difeso la figliola e cominciato a parlare con ben più colta terminologia di «mignottocrazia». Tra critiche feroci al Pdl e accuse alla politica filo-russa del governo si è scivolati presto allo strappo definitivo e all’addio al partito lo scorso febbraio.
A Tetris Sgarbi affonda il colpo: «Veronica ha tollerato sapendo tutto di lui e a un certo punto s’è svegliata. E anche lui, Guzzanti, lo sapeva. Ma c’è arrivato tardi. È come Veronica Lario... Tardivamente s’è accorto di quello che è Berlusconi. Ma Berlusconi è palese dalla prima ora». Per Guzzanti è prima coltellata ma, stoico, resiste. E risponde. Il tono è pacato e composto ma dentro ribolle manco fosse una jacuzzi: «Devo assolutamente replicare. Vittorio, è la seconda volta che mi usi e fai bene, in fondo siamo in tv... Ma dai un’impressione sui fatti che non è quella vera». Si danno del “tu” come due acerrimi amici, Paolo e Vittorio. «Tua figlia ha detto che la Carfagna andava a letto con Berlusconi». In Guzzanti prevale ancora la flemma: «Veramente ha detto un’altra cosa...». In Sgarbi domina il pressing alla Gattuso: «Di’ cos’ha detto tua figlia», sbraita. La pentola a pressione salta: «Vittorio... Vittorio... Vittorio... Per favore: io non ho rotto con Berlusconi a causa della Carfagna e di Sabina». Sgarbi sgrana gli occhi da sotto gli occhiali: «Delle veline in Parlamento, ti ho letto!». «Vittorio noooo». «E allora perché hai rotto?». «Ma ti vuoi star zitto?». «È storia...». «Ma ti vuoi star zitto?». «Ma perché stavi con Berlusconi? Perché ti piaceva!». «Vittorio basta! Fammi parlare per Cristo! Hai tirato in ballo la mia famiglia, mia figlia...». «L’hai difesa!».
Tra i due, in un crescendo wagneriano, sono botte da orbi. Guzzanti prende fiato e sembra riuscire a infilarsi nel pertugio del silenzio: «Allora: io ho rotto con Berlusconi perché Berlusconi ha applaudito il criminale internazionale Vladimir Putin quando lui ha invaso la Georgia». Ma il buco di mutismo si chiude subito: «Ma lascia perdere!». «Non lascio perdere un cazzo! Ma stai zitto, ma piantala, questo c’è scritto sui giornali, sul mio blog...».

Guzzanti strilla, Sgarbi sbraita: «Era amico di Putin anche prima, anche quando ti hanno eletto!». I due si rotolano verbalmente in una zuffa dove vola di tutto: «Carogna». «Falsario». «Buffone». «Cialtrone». «Vigliacco». Uno a testa, così, democraticamente.

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