Si confronterà coi «generi» e con gli abissi dell'anima

Giuseppe ConteIl romanzo, nato dall'avvento della borghesia, dei viaggi transoceanici, dello spirito individuale, con Defoe e Swift per giganteschi iniziatori, è diventato man mano il genere letterario più in grado di registrare i rapporti che un essere umano ha con gli altri, con la società e con se stesso. Per restare il gran libro della vita, deve essere fedele alle proprie origini: continuare a narrare e inventare, cioè creare personaggi e trame, intrecciare destini. Deve scavare nel mistero abissale dell'anima, dello scontro tra bene e male che, mi dispiace per tanti giocondi romanzieri contemporanei, esiste ancora. E insieme mettere in scena nella loro complessità i cambiamenti dinamici avvenuti nella realtà di un'epoca. Non è che ancora oggi il massimo al mondo siano un'infanzia in provincia, uno sballo in borgata, una storia di camorra, fenomeno, per me, locale e vomitevole. Ci sono universi infiniti, reali e immaginari, da esplorare ancora. Il romanzo del prossimo futuro, dimenticata del tutto la bella prosa e l'ormai futile espressionismo linguistico, probabilmente si confronterà sempre più con i suoi sottogeneri. C'è spazio per la fantascienza, mitologia difficile e da noi sempre poco praticata, per il gotico, che può prestarsi a diverse modulazioni dall'horror all'ironia, per l'avventura, la rievocazione storica, il fantasy, la fiaba. Le distese di gialli si ridimensioneranno da sole. Il thriller è sicuramente il romanzo più vicino alla sensibilità di oggi. Ma quando ha il senso del tragico nella contemporaneità.

Se no, è un meccanismo vuoto, un mediocre passatempo. C'è un largo spazio anche per il romanzo erotico, ipocritamente trascurato dai più: l'unico che può dirci il ruolo segreto e decisivo che ha il sesso nella vita di ogni essere umano.

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