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Dal processo in tv all'omicidio. Il testimone "dignitosamente brillo" del caso Uva

Alberto Biggioggero venne condannato per aver ucciso il padre, ma per lui è da tempo in corso la riabilitazione. È diventato celebre per le sue parole in aula grazie a Un giorn in pretura

Screen Un giorno in pretura
Screen Un giorno in pretura
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Da testimone in un processo a condannato per omicidio. Se l’empatia del popolo dei social si potesse tradurre in un nome e cognome, sarebbero quelli di Alberto Biggioggero, amico e testimone chiave nel processo per la morte di Giuseppe Uva, il teste è poi stato imputato per l’omicidio del padre. Molte delle persone che hanno assistito al processo Uva con “Un giorno in pretura” si sono infatti immedesimate nello straniamento che i procedimenti giudiziari possono indurre nell’uomo comune.

L’omicidio

È il 14 febbraio 2017: Biggioggero, che si dilettava come comparsa in tv e al cinema, era in un buon periodo, come ha raccontato la sorella di Giuseppe Uva, Lucia, a Today: “Era tranquillo, mi ha mandato un messaggio ieri invitandomi a teatro, al suo spettacolo, perché stava studiando recitazione”. L’uomo, sempre stando al racconto di Lucia Uva, avrebbe smesso di bere e assumere droghe.

La sera del giorno di San Valentino si scatena però il dramma: litiga con il padre, Ferruccio Biggioggero, 78 anni, e al culmine della lite Alberto afferra un coltello da cucina, colpendo l’uomo più volte. Ferruccio muore dissanguato di fronte alla moglie, mentre il figlio Alberto chiama i soccorsi, che nulla possono fare, dato che il padre è già morto al loro arrivo. Alberto ammette le sue responsabilità e viene condotto in questura.

Il processo

Alberto Biggioggero, classe 1975, è stato condannato inizialmente presso la corte d’assise di Varese a 14 anni nel maggio 2018 - per lui ne erano stati chiesti 16. Successivamente è stato condannato dalla corte d’appello di Milano a 11 anni più 3 di misura di sicurezza in una casa di cura nel giugno 2019. Questo anche perché già da tempo era partito il suo processo di riabilitazione. Dopo la prima condanna, Biggioggero aveva infatti detto all’avvocato Stefano Bruno, come riporta Il Giorno: “Mi sono reso conto di quello che è successo e ho un peso nel cuore”.

L’imputato è stato riconosciuto seminfermo di mente a causa di un disturbo della personalità. Il legale Bruno ha inoltre spiegato a VareseNews dopo la pronuncia della sentenza di secondo grado: “Da parte mia c’è massima soddisfazione perché avevamo presentato motivi di appello piuttosto forti. Abbiamo trovato un accordo con il pubblico ministero per un patteggiamento in appello. A cambiare la pena ha concorso, sostanzialmente, il passaggio dall’equivalenza delle attenuanti sulle aggravanti, alla prevalenza delle prime sulle seconde. Questo ha permesso di ridurre la condanna”.

L’idea del pentimento e quanto accaduto per il caso Uva hanno rafforzato un’opinione positiva nei confronti di Biggioggero da parte dell’opinione pubblica. In tanti sperano che, quando sarà concluso il suo debito con la giustizia, l’uomo possa ritornare a una vita comune. Su YouTube, gli spezzoni con la sua testimonianza contano diversi milioni di visualizzazioni.

Il processo Uva

Come accennato, Alberto Biggioggero era stato il supertestimone del processo Uva. Molte delle speranze dell’accusa erano state poste sulla sua testimonianza, dato che Biggioggero era presente quando lui e Giuseppe Uva furono fermati dai carabinieri nella notte tra il 13 e il 14 giugno 2008. Successivamente Uva sarebbe stato sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio, morendo per arresto cardiaco, per cui i carabinieri furono imputati per omicidio preterintenzionale e sequestro di persona, per poi essere assolti.

Biggioggero raccontò in aula di non essere stato ubriaco, nonostante avesse consumato alcol e spinelli: “Io ero sereno… alticcio. Sicuramente non barcollavo. Non ero ubriaco, reggo molto bene l’alcol. Dignitosamente brillo”. Tuttavia aveva affermato anche che lui e Uva avevano “transennato via Dandolo” e “ululato”, “perché avevo assunto alcol e stupefacenti o perché sono un po’ deficiente”. Aveva anche puntato il dito contro gli imputati, a uno dei quali aveva attribuito la frase “Uva proprio te stanotte stavo cercando, questa te la faccio pagare” e aggiunto che gli effetti di alcol e stupefacenti, a quel punto, sarebbero stati “annullati dalla paura”.

La ricostruzione di Biggioggero non fu presa in grande considerazione, perché l’uomo era stato in passato ricoverato per esaurimento nervoso, e perché il padre fece rilevare alcune inesattezze nella sua narrazione.

La morte di Giuseppe Uva rimane a tutt’oggi senza responsabilità, nonostante la famiglia Uva si sia battuta e si batta strenuamente per questo, anche in virtù del fatto che i parenti dicono di aver visto vari lividi sul corpo del loro caro. Nel 2020 i parenti di Uva hanno presentato un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo e il ricorso è stato dichiarato ammissibile l’anno successivo.

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