Si spara, lo aveva scritto su Facebook

TrevisoSi scrivono un sacco di fregnacce su Facebook. E ci si iscrive a centinaia di club virtuali e assurdi, dimenticati regolarmente il giorno successivo all’adesione. E così a nessuno dei 431 amici online di Andrea, 17 anni, studente modello di Levada di Ponte di Piave (Treviso), è venuto in mente di indagare come mai avesse deciso, il 29 gennaio scorso, alle 19.07, di iscriversi al sinistro gruppo denominato «Avete mai pensato di farla finita?». Men che meno, poi, aveva destato preoccupazione l’adesione al gruppo «Doppietta», intesa come fucile da caccia. Chissà, se a qualcuno fosse venuto un minimo sospetto, se qualcuno avesse alzato il telefono, anziché riempire il computer di battutacce, magari Andrea non sarebbe andato a prendere la doppietta del padre e non l’avrebbe rivolta contro se stesso, trasformando in un suicidio drammaticamente reale quella disperata richiesta di aiuto che nessuno era riuscito a cogliere.
Il piano che Andrea aveva cercato di svelare al mondo internettiano è stato messo in atto martedì pomeriggio. Tornato a casa dal centro di formazione professionale Lepido Rocco, dove frequentava la terza meccanici, il giovane ha aspettato che la madre fosse al lavoro nel salone di parrucchiera di Oderzo e, approfittando dell’assenza del padre e delle due sorelle, ha preso il fucile da caccia del genitore ed è salito in camera sua. Qui non si è seduto al pc, non si è collegato a Facebook come faceva di solito. No, ha preso carta e penna e ha cercato di scrivere i motivi che gli parevano così gravi da indurlo a premere il grilletto. Gli psicologi parlano genericamente di depressione, un calderone in cui ci sta tutto, fuorché la vita. Andrea ha terminato la sua ultima lettera, si è disteso sul letto e si è tolto la vita sparandosi un colpo in testa.
A scoprire quel che era successo è stato il padre, poco prima delle 19, al ritorno dal lavoro. Ha visto il figlio in un lago di sangue, con la doppietta sul pavimento. Non si è rassegnato, ha chiamato i soccorsi ma appena è arrivata l’ambulanza i medici hanno capito subito che per Andrea non c’era più niente da fare. I carabinieri di Ponte di Piave, intervenuti per i rilievi di rito, hanno chiuso subito il caso e il magistrato ha dato il nullaosta per i funerali.
La mamma di Andrea, intanto, come in trance, è rimasta aggrappata a quella tragica lettera, lasciata da un figlio che, paradossalmente, aveva gridato al mondo intero il proprio male di vivere ma non era stato ascoltato da nessuno. La notizia si è sparsa in un attimo e sul solito canale telematico si sono levate le grida di dolore degli amici che non avevano capito, che non avevano sentito. Perché si urlano così tante cose, in rete, che alla fine non resta niente. A scuola il preside, Roberto Zampieri, appare disorientato. «Siamo frastornati, senza spiegazione - ha detto alla Tribuna di Treviso -. A scuola non era accaduto niente che potesse anche solo lontanamente far presagire quel che è accaduto».
Quello di Andrea è il sesto suicidio che si registra tra i giovani della Marca trevigiana dal novembre scorso. Nessun collegamento l’uno con l’altro.

Ma proprio quando i sistemi di comunicazione, specie tra i giovani, hanno raggiunto una quantità e una varietà mai conosciuta, paradossalmente l’incomunicabilità sembra regnare sovrana. E quello che cercava di far capire Andrea è stato scambiato per una delle tante fregnacce che si scrivono su Facebook.

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