C resce la connettività. Tutti sono connessi. E nello stesso tempo, paradossalmente, crescono la solitudine, il senso di impotenza, l'ansia e il disorientamento. Si offusca, viene meno, si indebolisce il legame sociale. Come mai? In più sedi mi sono occupato di questo tema. La società è, in essenza, una insiemità, nel senso della parola inglese togetherness. Cos'è che la tiene insieme? Nella condizione della condizione sociale odierna, si tende ad essere sempre più connessi, ma nello stesso tempo si è sempre più isolati, disorientati, impotenti, incapaci di distinguere la realtà reale, da res, la «cosa», dalla realtà virtuale, anche quando la realtà viene canoramente propagandata come «realtà aumentata».
È a questo proposito che la natura ibrida della sociologia, basata sul socius e sul logos, rivela tutta la sua utilità. Appartenente a buon diritto alle scienze interpretative o ermeneutiche, e quindi distinta dalle scienze dimostrative, impropriamente dette «esatte», l'ottica sociologica, al di là del perfezionismo specialistico delle altre scienze sociali e di ogni tipo di «autismo disciplinare», è in grado di «afferrare», comprendere e dar conto del reciproco condizionamento dei vari aspetti del sociale, dai mezzi materiali di vita e del territorio alla storia come azione collettiva, alla cultura come struttura di significati, alle ragioni profonde del vivere come convivere nel rapporto interpersonale che vale in sé e per sé, al di là di ogni calcolo utilitario e che costituisce la comunità come nucleo vivo del sociale. Questo nucleo vivo è oggi in pericolo. Tutti i rapporti interpersonali rischiano di ridursi a rapporti utilitaristi. Scompare l'amicizia, si viene indebolendo il legame sociale. Si dice: «Tutto è numero». Può darsi. Ma bisognerebbe subito soggiungere: «Il numero non è tutto». Non tutto il conoscibile e non tutto l'umanamente sperimentabile è numericamente misurabile. Esistono i sentimenti in apparenza umorali, ma profondi e significativi. È difficile, probabilmente impossibile misurare il dolore, l'amicizia, il silenzio, l'inquietante solitudine di certe sere, la dignità.
Nessun dubbio che il legame sociale e il rapporto interpersonale, validi in sé e per sé, nelle società odierne e tecnicamente progredite o, come si dice, in via di sviluppo, appaiano indeboliti. «È la crisi è stato correttamente osservato di un sapere deduttivo, costruito sulla base di inferenze formulate a partire da ipotesi iniziali e messe a confronto con asserzioni-base (basic statements). Non è più rilevante l'opposizione vero/falso, bensì l'alternativa efficace/inefficace». Nelle società odierne il principio-guida è dato dall'innovazione tecnologica. Errore mortale. Per la semplice ragione che la tecnica non guida, non può guidare da nessuna parte. Non ci dice da dove veniamo, dove siamo, dove andiamo. Non è il caso di fare dell'anti-macchinismo di maniera, tipico di gente che non ha mai messo piede in un'officina. Sta di fatto che la tecnica è una perfezione priva di scopo. Ha la capacità di controllare la funzionalità delle sue operazioni interne. Ma non può trascendersi. È solo il passaggio dallo stesso allo stesso, la sameness, la ripetitività, l'eterno ritorno dell'identico. È vero. Non mancano industriosi e anche generosi tentativi di umanizzare la tecnica, di stipulare una sorta di patto utile al progresso. Si pensa che, per esempio, l'intelligenza artificiale sia addirittura una buona occasione per rafforzare quella naturale e che il vero pericolo non sia il web, ma l'ideologia o la cattiva volontà di chi lo sfrutta.
È evidente che si è dimenticato quel capitolo della Fenomenologia dello spirito, in cui Hegel dimostra che il servo, nella misura in cui fa tutto per il
padrone, in realtà lo svuota e diventa, lui, l'effettivo padrone. Il grande capomastro svevo, come lo definisce Ernst Cassirer, vede con chiarezza il nostro problema di oggi: come servirsi delle macchine senza esserne asserviti.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.