Sicurezza, il limite di velocità c’è ma non si vede mai

Viaggio lungo la Transpolesana dove decine di cartelli invitano ad andare piano, senza però indicare se si possano superare i 110 all’ora. Il paradosso della "tangenzialina sud", imboccata a Verona per raggiungere Rovigo: ampia come un’autostrada, si va a passo di lumaca

Sicurezza, il limite di velocità 
c’è ma non si vede mai

nostro inviato a Rovigo

Lo ammetto: al trentanovesimo cartello consecutivo mi sono distratto un attimo e ho perso il conto. A distanza di un chilometro, uno dopo l'altro, almeno due ciascuno per ogni minuscolo Comune che sto attraversando, i segnali di «controllo elettronico della velocità» si succedono, inesorabilmente, sulla strada che costeggia il grande fiume. È la Transpolesana, ovvero la Ss 434, che ho imboccato a Verona , per dirigermi a Rovigo, non senza aver apprezzato, nei primi chilometri del mio nuovo viaggio, uno spaccato di autentica incoerenza viabilistica: la «tangenzialina sud». Non ho idea di come l'abbiano soprannominata i veronesi, fatto sta che in questo scorrevolissimo e sicuro preludio viario alla Transpolesana, accessibile comodamente dal centro di Verona, nel mio caso da corso di Porta Nuova, si può marciare, anzi si deve marciare, alla velocità massima di 90 all'ora. La cosa non mi sorprenderebbe più di tanto se la «tangenzialina» non fosse un'arteria decisamente ampia,a due corsie in entrambi i sensi di marcia, con tanto di guardrail di separazione in mezzo alla carreggiata. In buona sostanza: una strada extraurbana meglio di tante autostrade che conosciamo, più blindata e sicura di una cassaforte . Eppure, mi correggano i nostri attenti lettori, secondo l'articolo 142 del Codice della strada, trattandosi di una strada extraurbana, oltretutto dalle caratteristiche appena elencate, non si dovrebbe poter pigiare sull'acceleratore fino a 110? Qualcuno potrebbe obiettare che la legge consente all'ente gestore della strada di stabilire il limite di velocità. Vero. Ma in situazioni come questa non è forse altrettanto vero che la lentezza di un veicolo, camion a parte ovviamente, rappresenta anziché una precauzione, un pericolo? Comunque, ancora una volta, mi adeguo e comincio a galleggiare fra gli 80 e i 90. Scendendo addirittura a 70, quando un cartello,un solo cartello, messo lì tanto per confondere le idee, mi invita a farlo. Col risultato che riesco solo a malapena a star dietro ai mezzi pesanti, mentre tutti gli altri, ovviamente, sfrecciano come fossero in autostrada. Autovelox? Chissà. In ogni caso, nemmeno l'ombra di un avvertimento che possa convincere anche i più sfrontati a decelerare. Esattamente l'opposto accade , come accennavo poc'anzi, appena imbocco la Transpolesana. Dove, per tutti gli ottanta chilometri che mi separano da Rovigo, con sistematicità ossessiva e ossessionante, i cartelli di controllo elettronico della velocità mi faranno compagnia. Con un record che probabilmente frutterà l'ingresso nel Guinness al Comune di Oppeano. I cui amministratori, per tutto il tratto di attraversamento della Transpolesana del territorio di competenza (badate bene i centri abitati dei singoli Comuni non sono mai nemmeno sfiorati dalla Ss 434 ) si sono tolti lo sfizio di sistemare un cartello di controllo radar della velocità ogni duecento metri.
In compenso prendo atto di una certa parsimonia nella distribuzione dei segnali che dovrebbero ricordare il limite di velocità a 80 all'ora. Due, tre, non di più. E dire che siamo nel tratto più pericoloso e più incidentato (statistiche alla mano, 138 vittime al febbraio di quest'anno) della Transpolesana. D'altra parte trattandosi di un tracciato per buona parte a due corsie per senso di marcia e quasi completamente separato da guardrail la Transpolesana invita a correre. Quindi quei cartelli del controllo radar della velocità hanno un loro perché, e l'avrebbero maggiormente se fossero accompagnati, ogni tanto, da un «refresh» dei limiti di velocità previsti per quel tratto.
Ma, visto che nel Polesine della piena estate, l'occhio dell'automobilista indugia a destra sui campi di granturco e visto la sovrabbondanza di minacciati rilevamenti a ogni metro, la domanda sorge spontanea: dove sono nascosti, se sono nascosti, gli autovelox comunali.? Nelle pannocchie? Oppure in quello spaventapasseri che ho appena incrociato e dal cui cappellaccio sembrava spuntare una sorta di antenna? Domande che non sembra porsi il conducente del camion di traslochi che mi sta incalzando da dieci minuti e che, di tanto in tanto, mi costringe a sgusciar via accelerando. Per visualizzare la scena immaginatevi il topo Jerry alle prese con il gatto Tom.
Fa parte del gioco, insomma. Finalmente all'altezza dell'uscita di Isola Rizza mi arrendo, decelero e mi faccio sorpassare. Convengo che il camionista scalpitante di poc'anzi (che, più avanti, a Castagnaro mi saluterà di nuovo con la manona) ha infranto il codice della strada, certo, ma ha sfruttato anche l'ultima possibilità. Perché, da qui in poi, la Transpolesana diventa un budello, altro che strada scorrevole.

Un lungo tratto addirittura di una sola corsia in andata e in ritorno e un altro tratto, che, per lavori di asfaltatura è privo di guardrail e persino della linea di mezzeria. Compaiono i limiti di 60 e poi di 40. E, come direbbe Quasimodo, è subito sera. Anzi, coda.
(4.Continua)

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