«Io sono piccolo ma crescerò». La scritta posta sotto il disegno di un corvo con un libro nel becco, lemblema della collana I Corvi, ideata nel 1932 da Enrico dallOglio, editore della Corbaccio, si è rilevata profetica. La casa editrice, assieme alla Rizzoli, alla Mondadori, alla Sonzogno, alla Treves, alla Baldini e Castoldi, alla Garzanti, alla Bompiani, ha contribuito a fare di Milano la capitale delleditoria italiana e, facendo conoscere la letteratura estera, a rendere meno provinciale il clima culturale del paese.
«Mio padre si era gettato giovanissimo nellavventura editoriale, - racconta il figlio Andrea dallOglio - subito dopo la prima guerra mondiale, alla quale partecipò volontario nel corpo dei bersaglieri e dopo unesperienza presso la Modernissima. Nellottobre del 1923 acquistò il piccolo studio editoriale Corbaccio assieme a Mario Banfo, dal quale si separò lanno successivo per fondare le edizioni Corbaccio di cui assunse la direzione. A ventiquattro anni, era già divenuto editore iniziando coraggiosamente con la politica. Le collane: La piccola biblioteca di studi politici, Cultura Contemporanea, Res Pubblica e Confessioni e Battaglie erano concepite per difendere la democrazia. Pubblicò nel 1924 Matteotti, Amendola, Turati, ma parallelamente non tralasciò la filosofia, la letteratura e la storia, e continuò una collana I classici dellamore - avuta in eredità dalla passata gestione».
Arriviamo agli anni Trenta durante i quali il nome Corbaccio simpose, grazie allintuito editoriale del suo editore. I nomi degli autori americani, russi, ungheresi, europei tradotti sono numerosi. Oggi divenuti famosi, ma a quel tempo nessuno li conosceva. Mi fa qualche esempio? «La Collana storica, assieme alle altre - Scrittori di tutto il mondo, I corvi, Hungaria, Volga - ebbe un successo esaltante. Nel 1933, fu il promo a pubblicare in Italia il Viaggio al termine della notte di Céline - un testo che lo aveva entusiasmato, tanto da leggerlo in due giorni - oltre a opere di Miguel de Unamuno, Giuseppe Rensi, Giuseppe Prezzolini, Ferenc Herczeg e Lajos Zilahy, Ilja Ehrenburg, Thomas Mann (La montagna incantata), Arthur Schnitzler, Stefan Zweig, Lion Feuchtwanger, Davind H. Lawrence, Franz Werfel, Thorton Wilder, Jakob Wassserman (Il caso Mauritius), John Dos Passos, Thorton Wilder, e la prima edizione italiana di Gente di Dublino di James Joyce». Ci furono anche degli scrittori italiani? «Si, Alberto Moravia con Gli Indifferenti - la prima edizione era stata pubblicata a spese dellautore e, nel 1938, tutta la produzione di Italo Svevo, fino allora misconosciuto, tranne che per i saggi di Montale e Joyce. E ancora Achille Campanile, Guido da Verona e Nino Salvaneschi, il giornalista sportivo divenuto cieco, che da romanziere si rivelò un vero maestro di spiritualità e che ho conosciuto personalmente. Una figura tra le più care nei nostri ricordi, un uomo che ha saputo trasmettere un messaggio di fiducia».
Persona dal fisico alto e magro, elegante, dallaspetto serio, per quanto uomo capace di folgoranti battute ironiche, generoso e raffinato nelle abitudini di vita, dallOglio ebbe un rapporto intenso ed aperto con Milano e con la sua vita culturale, quando la città era un autentico cenacolo di scrittori e di artisti. «Nel 1932 continua Andrea mio padre aveva voluto rendere visibile la presenza della casa editrice affittando, nella galleria Vittorio Emanuele una sua libreria, che divenne un luogo dincontri con clienti ed intellettuali tra i quali Riccardo Baccelli e Guido da Verona che terminavano immancabilmente con una bicchierata al Savini, allora non solamente ristorante. Lo ricordo come un infaticabile lavoratore. Leggeva i manoscritti, le traduzioni e correggeva persino le bozze. Amava tenere un rapporto costante con lautore anche durante la stesura del libro, discuteva con il disegnatore la copertina, visitava le librerie».
Una figura deditore ormai quasi scomparsa... «Oggi le case editrici si sono spersonalizzate per forza di cose, guidate come sono da dirigenti che non sono in grado, o non possono, esprimere simili qualità... È lintuito che rende grande leditore».
La guerra non fu momento facile. «Centosessanta opere sequestrate, la chiusura degli uffici nel 1943, una condanna a mio padre di trentanni, scontata in contumacia, del Tribunale provinciale straordinario di Milano e che lo costrinse a rifugiarsi in Svizzera... Era sempre stato un socialista riformista, ma fortemente anticomunista e soprattutto credeva nel legame fra cultura e politica».
Nel dopoguerra dallOglio riprese con entusiasmo a fare leditore. Si era sposato con Anna Romano ed aveva avuto due figli: Andrea e Barbara, fattasi suora. La casa editrice si chiamò con il suo nome, ma la sigla Corbaccio venne mantenuta nella ragione sociale. Dopo la sua scomparsa, nel 1966, il figlio ha continuato lattività per qualche anno ed ebbe un clamoroso successo col Padrino di Mario Puzo. «I tempi erano cambiati ed ho ritenuto di vendere la casa editrice con nome di Corbaccio.
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