Il silenzio di Ciampi sorprende più del distacco di Pericu

Gentili signori, trovo assurdo prendersela con il sindaco Pericu per la scarsa considerazione data al caso del povero Fabrizio Quattrocchi. Ogni botte, dice l’antico proverbio, dà il vino che ha ed il vino contenuto nella botte del compagno Pericu contiene l’additivo Palmiro Togliatti Doc, vulgo «il migliore», nome d’arte Ercole Ercoli, un tizio che a suo tempo si augurò di essere l’ultimo dei cittadini sovietici piuttosto che il primo di quelli italiani. E infatti gli fu concessa, per i servigi resi a Peppone Stalin, l’agognata cittadinanza inoltre la Sorte, particolarmente benigna, gli riservò anche l’estrema (in tutti i sensi...) soddisfazione di morire nella santa madre Russia. E allora, come si può ragionevolmente pretendere che il miliardario «comunista» Pericu si commuova per uno come Quattrocchi, che poco prima di essere vilmente assassinato, anziché piangere ed implorare grazia, rivendica tranquillamente la sua Italianità?
Comprensibile, invece, che il sindaco riservi la sua alta commozione per la morte di un giovane, colpito accidentalmente da un colpo di pistola mentre si accinge, con il viso nascosto e convinto dell’impunità, a spaccare la testa di un carabiniere ferito. È una questione di affinità ideale.
Dovrebbe invece stupire, e non poco, l’assordante silenzio del Quirinale.

Il Presidente Ciampi, così sensibile alla sorte di tre condannati per l’assasinio del commissario Calabresi, tanto da prendere personalmente l’iniziativa di rivolgersi alla Suprema Corte per ottenere «l’abilitazione» a graziarne uno, sulla videoregistrazione che testimonia l’amore di Fabrizio Quattrocchi per l’Italia, non ha esternazioni disponibili. Forse il suo sentimento patriottico si è esaurito a furia di cantare l’Inno di Mameli. Cordialmente.

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