La sinistra chiede le elezioni e sogna la spallata in piazza

Prodi: «Torna il responsabile del degrado, meglio il voto di 9 mesi di agonia». Fassino: «Siamo passati dalla padella alla brace»

La sinistra chiede le elezioni e sogna la spallata in piazza

Giuseppe Salvaggiulo

da Milano

Il centrosinistra reclama «elezioni immediate» di fronte alle dimissioni di Siniscalco, liquida con disprezzo il ritorno di Tremonti al ministero dell’Economia, infine chiama alla mobilitazione generale per dare la spallata al governo. Un vertice dei leader dei partiti con Romano Prodi, convocato per questa mattina a Roma, definirà le prossime mosse.
«Ci siamo trovati nella giornata più incasinata della storia», dice il Professore a Milano, mentre siede a tavola con un gruppo di quindici ragazzi, selezionati tra quelli che hanno aderito al sito internet della Fabbrica del programma. Un pranzo informale (prima portata: mortadella affettata, tra i sorrisini dei commensali) organizzato in un caffè alla moda per lanciare una campagna destinata ai giovani.
Ma il clima non è adatto a un brunch rilassato. Prodi si presenta con la faccia severa e il tono solenne: «A nome dell’Unione, vista la gravità delle circostanze, chiedo le dimissioni del governo e che si vada a nuove elezioni. Proseguire questa agonia sarebbe troppo grave per le famiglie, per le imprese e per l’economia. C’è un livello di drammaticità senza precedenti e bisogna chiudere questa situazione».
«Non è tempo di governi tecnici, meglio un mese di esercizio provvisorio che nove mesi agonia», risponde il Professore a chi gli pone le urgenze della manovra di bilancio. Dunque: crisi di governo, elezioni a metà novembre, legge finanziaria rimandata a gennaio.
Discorsi analoghi risuonano nel frattempo alla Camera. Rutelli: «Sipario. Cala la tela. È finita questa legislatura, questa maggioranza». Fassino rivolto al governo: «Abbiate il coraggio di fare un atto di responsabilità: prendete atto della vostra crisi, dimettetevi». Poi il segretario Ds scrive un messaggio a Follini («Caro Marco... ») e glielo fa recapitare dai commessi di Montecitorio, prima che il leader Udc prenda la parola.
Nel pomeriggio, la rapida nomina di Tremonti viene salutata da giudizi di fuoco. Prodi, dopo una visita al direttore del Corriere della sera Paolo Mieli, parla in un teatro milanese a un dibattito con Umberto Eco organizzato dall’associazione Libertà e giustizia, fondata da Carlo De Benedetti: «Non è una questione personale, Tremonti ha portato il Paese nella situazione in cui ci troviamo con questo degrado, con il degrado nei conti, con il crollo dell’immagine di tutto il Paese. Ora farà una Finanziaria elettorale e disperata».
Resta la richiesta di elezioni anticipate, ma allo stesso Prodi appare un’arma spuntata: «Sono parecchi mesi che abbiamo un atteggiamento serio e coerente. Continueremo così, continueremo a volerli mandare a casa ma senza impazienza».
«Siamo passati dalla padella alla brace - è la metafora di Fassino - Tremonti è il principale responsabile del disastro economico in cui versa il paese. La sua nomina è un atto di arroganza e insensibilità verso gli italiani».
Rutelli fa ironia: «Poiché la crisi economica è gravissima e poiché il governo non è stato ancora capace di preparare la legge finanziaria, c’è bisogno di una netta discontinuità ed è stato scelto un nuovo ministro dell’Economia: Giulio Tremonti! Un sillogismo perfetto, con questa svolta il centrodestra avrà risolta la sua crisi... ». D’Alema è ottimista: «Questa soluzione è una pezza. Tanto la Finanziaria non sono in grado di farla, non sono in grado di presentarla e quindi è inutile che facciano finta».
La parte più radicale dell’Unione chiama alla «grande mobilitazione nazionale re delle forze politiche, sociali e culturali», per usare la terminologia del verde Paolo Cento.

Fausto Bertinotti chiede «di ingaggiare una grande battaglia sulle questioni sociali che sono all’origine della crisi di governo e decretarne così la sua fine».
Ma per Diliberto la vicenda è già chiusa: «Dimissioni? No, oggi è il giorno del funerale del governo».

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