La sinistra lancia l’opa sui cattolici Bagnasco evoca il ritorno alla Dc

Questa lunga stagione politica ci sta regalando sorprese da soap opera. L’ultima riguarda la conversione dei politici e degli intellettuali della sinistra. I più colti sono stati lesti a riaddattare, con più opportunismo e meno profondità, la massima di Benedetto Croce: «non possiamo non dirci cristiani» in «non possiamo non dirci cattolici». Gli altri, per furore antiberlusconiano non cianciano più di laicità, ma sorridono soddisfatti per aver trovato finalmente il loro Papa straniero. Solo che è italiano ed è ancora cardinale. È sua eminenza Angelo Bagnasco, presidente della Cei.
La sinistra, quando si discuteva di crocifissi e valori cattolici, di bioetica e fine vita, lamentava le ingerenze dei vescovi sui principi morali. Adesso invece benedice gli interventi dei porporati e delle associazioni cattoliche su questioni politiche. È un paradosso, ma pochi ci fanno caso. Insomma, se la Chiesa parla di eutanasia viene tacciata di occuparsi di cose che non la riguardano, se indica chi deve governare e chi no è nel pieno esercizio dei suoi doveri spirituali. Strano Paese, l’Italia. Sempre più un mondo alla rovescia.
Bagnasco fa un discorso alto sulla laicità dello Stato. Dice che la Chiesa ne riconosce i confini.Poi però comincia a fare distinzioni tra la sana laicità e quella cattiva. Quella buona chiaramente deve piacere al Vaticano. Il discorso del cardinale a Todi riceve gli eleganti applausi della destra e fa stranamente felice la sinistra.
Nessuno dei professionisti del laicismo fa sentire la sua voce. Ma la vera standing ovation arriva quando il forum delle associazioni canta il De profundis a Berlusconi. Qui la Chiesa torna santa e opportuna. A parlare a nome delle Acli è un sindacalista, Raffaele Bonanni, segretario della Cisl. Dice. «Serve un governo più forte, quello attuale non è adeguato. Un governo che dovrà fare i conti fra le principali forze politiche e sociali».
È il segno che le associazioni cattoliche, benedette da Bagnasco, sono monopolizzate dall’ala più socialista e sindacaleggiante, che sfrutta questo momento storico per ritornare al centro della politica. Cosa vuole Bonanni? Tre o quattro cose. Un passo indietro di Berlusconi, un governo tecnico di lunga durata affidato ai poteri forti, un ritorno al consociativismo e un soggetto politico che ricordi, senza esserlo, la vecchia Dc. È un progetto reazionario. L’Italia del futuro sceglie di uscire dalla crisi spostando le lancette della storia a politiche che hanno prodotto quel debito pubblico che oggi ci mette in ginocchio. È la nostalgia di uno Stato che distribuiva ricchezza non per merito, ma sulla base di clientele, una ragnatela di favori e benefit che dall’alto arrivano fino agli ultimi gradini della piramide. L’importante è conoscere gli amici e i canali giusti.
È la pietra tombale su qualsiasi sogno liberale in Italia. E non è un caso. È la vittoria di tutti quelli che rimpiangono il mondo prima della caduta del Muro. È una scorciatoia per la prima Repubblica.
La conferma di questo clima nostalgico arriva con la voglia di Tonino Di Pietro di rispondere alle devastazioni dei black bloc con un remake della legge Reale, quella varata dall’allora ministro della Giustizia Oronzo Reale per frenare il terrorismo.
È una legge di emergenza, che limitava alcune garanzie individuali di una democrazia liberale.

A sconfiggere il terrorismo furono più utili i pentiti, ma al di là di questo è opportuno rispolverarla oggi? Forse basterebbe applicare le leggi normali che già ci sono. È il segno dei tempi. Tra Chiesa e Stato c’è una gran voglia di tornare indietro. Bentornati nell’Italia reazionaria. Il prossimo passo, del gambero, è restaurare lo Stato della Chiesa. Quello di Pio IX.

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