Il buio oltre la Finanziaria, minaccia il sindaco Veltroni. Altri amministratori di sinistra studiano forme clamorose di protesta, contro il rigore che, dopo essere stato evocato e invocato per anni, minaccia finalmente di arrivare sui piccoli e grandi centri di spesa di Comuni, Province, Regioni. Politicamente queste proteste in atto e in potenza sono comprensibili: costituiscono una prosecuzione dellopposizione al governo con altri mezzi, ma cè anche lultima difesa di una stagione di sciali e di sprechi che avrebbero richiesto un più efficace meccanismo di contrasto e di condanna. Ci sarebbe voluto un Pool Mani Bucate per scavare nelle miniere misteriose di consulenze, regalie, circenses erogati da governatori, presidenti, sindaci e assessori con un occhio ai consensi e laltro alle tessere. A gridare nel deserto sono rimaste inutilmente la Corte dei conti e le inchieste giornalistiche documentate e meticolose, come quelle condotte da il Giornale.
La sinistra invoca sacrifici per tutti, ma gli sprechi evidentemente non si possono toccare e il grande tabù delle autonomie locali viene distorto per legittimare una licenza spendereccia che non sta scritta in nessun articolo della Costituzione.
La partita che si è aperta è rilevante per le finanze italiane: è storicamente provato che la crescita della spesa e del debito pubblico è andata di pari passo con laumento dei centri di spesa periferici. Lo Stato centralizzato aveva ed ha meccanismi di controllo e di freno che in periferia, proprio per lesasperazione retorica e strumentalmente politica delle «autonomie» si sono allentati o ridotti. Qualche decennio fa, durante i ricorrenti dibattiti sul rigore virtuale, si propose anche labolizione delle Province, ma alla fine il numero di questi enti è aumentato.
Ma non cè soltanto il problema degli sprechi e dei costi elevati degli apparati burocratici locali coi loro privilegi e le loro regole spesso speciali cè anche un problema delluso politico delle autonomie che, con laiuto delle finanze allegre, è stato consentito. Nelle Regioni e nelle città storicamente amministrate dai comunisti e quindi dai post-comunisti lautonomia è stata usata come un «contropotere», perché con le risorse pubbliche si è creato un sistema capillare ed esclusivo di assistenzialismo clientelare: con la tessera si aveva lavoro, posto, garanzie, casa, forzando al di là del tollerabile le possibilità di spesa degli enti territoriali di governo e riuscendo, in definitiva, a girare i costi allo Stato senza chiedere particolari sacrifici aggiuntivi ai cittadini.
Anche in questo caso le inchieste del Giornale sono chiare: nella Toscana rossa una famiglia su tre vive di soldi transitati attraverso la Regione, nellUmbria egualmente rossa è una famiglia su due. Le amministrazioni locali rosse hanno potuto vantare certi «modelli», come quello emiliano, soltanto perché i costi relativi li sopportava la collettività. Una sorta di socialismo surreale in aree di buono ed alto reddito, con uneconomia sana e con una ingente quota di risorse e di capacità di spesa controllata dal potere locale. Con la conseguenza di creare nicchie di privilegio, di affrancamento dalla concorrenza per i beneficiati.
Il consociativismo è nato, nella Prima Repubblica, anche perché il blocco di potere delle regioni rosse è diventato troppo forte, sostanzialmente per effetto del voto di scambio e dellassistenzialismo.
Questo sistema deve perpetuarsi allinfinito? Anche quando le vacche grasse sono state macellate da tempo?
Lo Stato sociale non va distrutto, va ridisegnato e snellito, per aiutare chi realmente ha bisogno e non per favorire troppi privilegiati che hanno vissuto al di sopra dei propri mezzi per tessera ricevuta.
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