Un rischio, per la cultura di sinistra che da anni dorme nel suo conformismo, vedere l'ombra della cultura di destra farsi strada. Sarebbe così deprecabile che proprio attraverso la cultura di destra anche quella di sinistra si svegliasse e s'impegnasse a ritrovare se stessa? Evidentemente è un rischio a leggere Luigi Manconi - ieri, su Repubblica - il quale pensa di esorcizzare la cultura di destra con il dileggio, con interpretazioni da psicanalista e da gastroenterologo, mentre potrebbe farne un'analisi politica, proprio lui che in questo esercizio è molto bravo fin dalla sua militanza in Lotta Continua. Altri tempi. Oggi dovrebbe cominciare a dirci cosa sia diventata «l'egemonia della cultura di sinistra», non tanto cambiata, quanto totalmente rovesciata rispetto a quella che viveva sotto il segno del vecchio Partito comunista. Togliatti lavorava per egemonizzare l'establishment: oggi - c'è voluto qualche anno - è successo il contrario, è l'establishment che ha egemonizzato la politica della sinistra, a incominciare dal suo partito di riferimento. Il Pd è diventato il partito dei magistrati, dei grandi difensori dell'europeismo, dei vertici degli incarichi pubblici e, guarda un po', dello sterminato stuolo degli «operatori culturali». Scrittori, professori universitari con ambizioni oltre l'Accademia, giornalisti ambiziosi, il mondo dello spettacolo al completo... L'egemonia culturale della sinistra diventa la più sicura sede del consenso con il partito politico che ne garantisce un pacifico sonno conformista. Perde per un po' il potere politico portatogli via da Berlusconi? Non importa, il suo establishment non si sente minacciato: Berlusconi non si interessa di cultura, ma di televisione... leggera, leggera. E intanto ci si dimentica che la casa editrice Mondadori è un grande esempio di pluralismo culturale, che pubblica Saviano e, si parva licet, il sottoscritto. E, infatti, il Pd non molla la presa, delegittimando ideologicamente, perfino moralmente, tutte le realtà che si presentano sue avversarie. Ma se tu, nemico di ieri, entri in quell'area benedetta, diventi suo amico e protetto, indipendentemente da quello che hai scritto solo mezz'ora prima. Sei salvo. Ti viene solo richiesta una cosa: alzare un grido di allarme, quando fa comodo dire ai tuoi capi che le sorti della democrazia sono a rischio, che si è alla vigilia di non poter più tenere libere elezioni, che il Presidente della Repubblica rischia di essere arrestato. Sciocchezze ovviamente, ma che vengono accolte come la vera militanza culturale di sinistra antifascista. Adesso, però, capita che la destra diventi il primo partito di governo senza imbavagliare la stampa e arrestare il Presidente della Repubblica, dimostrando un'attenzione verso la cultura più marcata rispetto agli altri partiti di centrodestra. Ciò, inevitabile, consente una maggior visibilità all'attività culturali di tanti giovani che hanno dato vita in questi anni a case editrici, riviste, circoli, riprendendo e rivitalizzando organizzazioni culturali di qualche anno fa, come per esempio, il Mitomodernismo.
Il consenso del partito di Giorgia Meloni nasce anche da queste realtà culturali, e compito del suo leader sarà di non perdere l'occasione di valorizzare persone e idee che nascono e crescono in questo contesto per aprire la visione politica del partito a una nuova stagione di rifondazione culturale della destra, in cui anche quella di sinistra potrebbe trarne vantaggio, lasciando per strada conformismo e la pletora di opportunisti che l'accompagna.
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