New York - Ventimila spettatori hanno salutato domenica sera, con un clamoroso applauso, l'entrata di Elton John sul palco del Madison Square Garden. Sir Elton aveva promesso loro una «spettacolare festa di compleanno» per celebrare i suoi sessant'anni e non li ha delusi. Per più di tre ore il musicista più glamour al mondo ha suonato il mitico pianoforte a coda e ha cantato 25 brani del suo sterminato repertorio: 200 milioni di album venduti, 90 brani, 32 album incisi.
Da Daniel a Sorry seems to be the hardest word, Tiny Dancer e Saturday night's right for fighting, Elton John si è divertito ad andare a ritroso nel tempo, soffermandosi anche a chiacchierare col pubblico, raccontando che lo scorso anno, nel giorno del suo cinquantanovesimo compleanno, aveva chiesto al suo partner, David Furnish, di organizzare questa serata newyorchese. «Siete il pubblico più bello al mondo», ha sorriso e la platea è esplosa in un grande applauso. «Ma devo ammettere che cantare le mie canzoni di molti anni fa non è sempre facile. Spesso sono i miei musicisti che mi devono insegnare da capo le liriche». Ha sorriso questo grande maestro del rock, nato nello sconosciuto paesino inglese di Pinner col nome di Reg Dwight.
Sul palco dell'arena alle sue spalle appariva un enorme cartellone su cui campeggiava il numero sessanta. Un enorme coro e sei musicisti lo accompagnavano e lui spesso si è girato a sorridere e a ringraziare il vecchio e insostituibile batterista, Nigel Ollsson.
Sir Elton indossava un tight nero, con la frase «Birthday 60 years on» ricamata in vistose payette sulla schiena, pantaloni con una striscia di seta dorata e scarpe da jogging. E poi un vistoso paio di occhiali da sole marroni e un orecchino d'oro sul lobo sinistro. Gli applausi di un pubblico instancabile e in vena di ballare hanno accompagnato il musicista inglese nella sua lunga maratona. L'attrice Woopy Goldberg e il comico Robin Williams sono saliti sul palco per augurare il buon compleanno a un artista che, a detta di Williams è così esuberante da «far apparire Liberace come un Amish».
Sir Elton era venuto per celebrare il suo compleanno e anche per festeggiare la sua sessantesima performance nell'arena newyorchese: un record assoluto seguito da quello dei Grateful Dead, che hanno suonato al Madison Square Garden per ben 52 volte. Ma se il complesso americano trascina sugli spalti della Settima Avenue migliaia di giovani rocchettari, il pubblico che domenica è accorso per festeggiare Sir Elton non aveva età. C'erano settantenni, quarantenni e ragazzini. Tutti in piedi per buona parte della serata, uniti nell’intonare le liriche di canzoni indimenticabili come Crocodile rock, che Elton John ha iniziato per poi lasciare che fossero i ventimila fan a scandire, perfettamente all'unisono, l'indimenticabile refrain.
Ma la serata ha avuto anche i suoi momenti nostalgici. Sir Elton ha ricordato al pubblico che la sera del 29 novembre del 1974 lui aveva cantato sullo stesso palco col «più grande musicista che sia mai esistito. Avevamo appena inciso un duetto e chiesi a John Lennon di venire qui con me a cantarlo», ha detto con la voce rotta dall'emozione. Quella fu l'ultima apparizione del Beatle, prima di essere ucciso davanti alla palazzina Dakota, a Central Park. Così Sir Elton ha cantato Empty Garden, commovendo l'intera platea, mentre sul megaschermo alle sue spalle apparivano le immagini dei due musicisti nel concerto di 23 anni fa. Poi Elton ha ripreso a sorridere: «Saluto tutti i sessantenni presenti in sala», ha sorriso e un enorme scroscio d'applausi gli ha ricordato che in sala c'erano molti suoi coetanei. La sua storia non è solo carica di note indimenticabili, ma anche di coraggio, di una vita vissuta in nome della libertà personale (ha voluto dedicare il brano Something the way you look tonight al suo compagno Furnish) nella Swinging London di una volta.
Quando, a metà serata, il suo socio Bernie Taupin ha intonato Happy Birthday, un mare di coriandoli bianchi è sceso dal soffitto ricoprendo il cantante. Per un momento Sir Elton ha sorriso come un ragazzino ammettendo, «una volta queste cose ero solito sniffarle».
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