Sismigate, falso pacco bomba all’agente «Betulla»

Il vicedirettore di «Libero» accusa: «Mi hanno demonizzato, mentre sostenevo l’azione della Chiesa nell’Islam. Ora non posso più»

Gianluigi Nuzzi

da Milano

Un pacco intimidatorio avvolto dal cellophane con dentro una pietra e un volantino firmato dal Fronte rivoluzionario per il comunismo, ritrovati davanti all'abitazione alle 2 di notte. Il giornalista Renato Farina, sospeso per un anno dall'Ordine professionale per il suo coinvolgimento come fonte informativa Betulla nell'inchiesta sul rapimento di Abu Omar, diventa così oggetto delle attenzioni dell'area più estrema dell'antagonismo. Di chi negli ultimi cinque anni ha fatto guerriglia allo Stato con articolati documenti programmatici, attentati incendiari contro sedi sindacali, agenzie di lavoro interinale e industrie come la Fiat. L'intidimidazione si colloca in un momento assai delicato per il giornalista. Proprio in questi giorni al Copaco, il Comitato di controllo sui servizi di sicurezza, i consiglieri stanno leggendo la memoria presentata dal vice direttore di Libero nella quale sottolinea i rapporti avuti con gli 007 militari.
E soprattutto si ritaglia un ruolo di primissimo piano nella gestione delle trattative per il recupero degli italiani sequestrati nei paesi orientali: «Sono stato il tramite del Sismi - si legge nel documento di 20 pagine - durante tutti i rapimenti di italiani. Tra l'altro nel 2004 mi trovai nella condizione di essere in rapporti di stretta amicizia con il responsabile per l'Irak di Al Jazeera. Da aprile a giugno per un antico nostro patto religioso per la sacralità della vita umana lavorammo strenuamente per individuare il modo di liberare, dopo la morte di Quattrocchi di cui conobbi per primo il sacrificio, Agliana, Stefio e Cupertino. Mi trovai - prosegue - nella condizione di essere giornalista e nello stesso tempo di avere la concreta possibilità di aprire canali per liberare degli uomini. La leva per salvare queste persone era la leva istituzionale, statale, ufficiale del Sismi. Per me non si pose assolutamente il problema deontologico. Da quel momento sono stato io il garante, intendo: garantivo con la mia pelle, la lealtà dello Stato italiano (leggi Sismi) nei confronti di fonti mediorientali delicatissime».
Su un punto Renato Farina pasticcia, cambia versione, vagheggia. Un punto che non è poi roba da niente, si tratta dei quattrini percepiti dalla nostra intelligence. «Ho preso denari - sottolinea nella memoria - in tutto 30 mila euro circa, per pagare le spese di chi si trasferiva in aereo e alloggiava in hotel italiani per lunghi mesi, non accettando alcun denaro direttamente dal Sismi». A luglio in Procura aveva fatto un racconto diverso, non solo «rimborsi» ma «liberalità». Come dire soldoni contanti presi a babbo morto. «Erano rimborsi. Ma io non li volevo, anche se capivo che psicologicamente serviva al servizio per potermi poi chiedere informazioni. Comunque quei soldi li ho dati tutti in liberalità assieme a mia moglie, li ho messi dentro Santa Maria Maggiore perché non volevo creare problemi rifiutandoli». Apriti cielo se avesse detto no quei denari teneteveli. Il pasticcio ha origini antiche. Inizia al primo versamento, 1.500 euro. «Mille li usai per pagare Al Trache per degli articoli che aveva scritto su Libero e che ancora non gli erano stati saldati. Il resto lo usai per pagare la differenza del nuovo biglietto aereo». E l'ufficio di Pio Pompa in via Nazionale? «Il cosiddetto covo di via Nazionale - osserva - era il luogo dove insieme con Pollari ho passato ore delicatissime per la liberazione dei nostri ostaggi. Posso dire che mi sono adoperato anche per Baldoni e per il recupero della sua salma». Le date tra i primi contatti Farina-Sismi non coincidono con la tesi patriottica e umanitaria di Farina, visto che risalirebbero per l'accusa a prima del crollo delle Torri Gemelle, ma è un aspetto considerato non centrale in sede di Copaco. Il comitato però ritiene non rilevante sentire Farina che voleva l'audizione: «Io - ricorda sempre nella memoria - sono stato bruciato vivo, ma il risultato è che non posso fare nulla in settori che prima risentivano di una mia azione pacificatrice. Uno dei primi risultati negativi, al di là della mia piccola persona, è ad esempio questo: l'attacco a Papa Ratzinger dopo Ratisbona». In questi anni, sottolinea «ho curato, non per il Sismi, ma per la verità e la tutela della Chiesa, la qualità dei servizi sul Papa fatti da Al Jazeera. Dopo il 12 luglio, giorno delle rivelazioni irresponsabili di Repubblica Al Jazeera ha cambiato completamente linea sul Vaticano.

È stato questo canale a rilanciare in chiave antiislamica il discorso di Ratisbona. Non ho potuto intervenire in nessun modo». La procura di Monza ha invece aperto un fascicolo contro ignoti per il pacco ritrovato a Desio dove vive il giornalista.

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