Smart fa l’americana E a New York scoprono che «mini» è trendy

Mercedes conta di vendere Oltreoceano più di 60mila autovetture

da San Francisco

Il lungo conto alla rovescia che prelude all’effettiva importazione della piccola Smart nelle grandi metropoli americane, settantaquattro quelle omologate per il debutto, sta per concludersi.
Da metà gennaio la più minuscola delle city-car «made in Europe» sbarcherà negli Stati Uniti portandosi, però, in dote oltre 30mila preferenze, o se preferite conferme d’ordine, accumulate a partire dall’autunno scorso durante un road-show che ha toccato cinquanta città. Un successo indiscutibile, specie considerando la smisurata passione che nutrono gli americani verso tutto ciò che è in formato XXL. Tuttavia, anche negli Stati Uniti i costi del carburante - triplicati nell’ultimo decennio - e il congestionamento dei grandi centri urbani aprono nuovi orizzonti per le vetture con pochi cilindri, cubature più contenute rispetto a quelle di 4 o più litri che dilagano da quelle parti e dimensioni che permettono di sgattaiolare nel traffico agilmente e di parcheggiare in spazi ristretti.
Così, la Smart spinta da un motore a benzina a tre cilindri di appena un litro, con una potenza di 70 cv, e lunga solo 2,96 metri - poco meno della metà di tante auto a stelle e strisce - ha numeri giusti per affermarsi in molti downtown. A tutto ciò aggiunge anche, ma forse è meglio dire soprattutto, l’aspetto simpatico che sulle strade e autostrade americane ha catalizzato, durante la nostra prova californiana, l’interesse di automobilisti e passanti. Specie in una zona, come la Silicon Valley che ospita una delle maggiori concentrazioni mondiali di aziende del settore hi-tech, dove è altissima l’attenzione verso tutto ciò che è innovativo e di tendenza. E, tanto per concludere il discorso, dove la prima bozza della Smart è stata disegnata all’inizio degli anni Novanta.
Per attraversare l’Atlantico e raggiungere il Nord America - dove la Mercedes conta di piazzare circa 60mila vetture all’anno dando grosso respiro al suo marchio più economico e trendy - la Smart non ha subito grosse modifiche. Superati i crash-test (severissimi) americani, la Smart ha adottato di serie il servosterzo insieme a un rapporto più corto della prima marcia del cambio robotizzato - peraltro sempre un po’ pigro nei passaggi marcia - per avere più brio in accelerazione e alla griglia di selezione che richiama quella dei cambi automatici tradizionali. Quindi, con le posizioni P, R, N e D che sono decisamente più in sintonia con la tradizione degli automobilisti locali. Che, tra l’altro, non potranno né lamentare l’assenza di prestazioni da primato - tanto con i limiti che ci sono da quelle parti non servono - né l’impossibilità di usufruire delle corsie per le pool-car all’ingresso dei centri urbani, poiché nell’abitacolo si può viaggiare in due.

Inoltre, l’interesse che circonda la Smart nelle 74 città dove sarà distribuita dalla Penske - la società vicinissima a Mercedes di proprietà di Roger Penske, a lungo protagonista della Formula Indy - è fomentato pure dai bassi costi di gestione e di parcheggio, dato che in alcune zone dell’America sta diventando un lusso anche tenere ferma la propria vettura.

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