Artaban, il quarto re magio che non ha trovato Dio, ma da Dio è stato seguito nel suo lungo cammino

Artaban, il quarto re magio che non ha trovato Dio, ma da Dio è stato seguito nel suo lungo cammino
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«Ho perso la Messa!» penso sia il peccato in testa alla hit parade del confessionale. A volte mi diverto a prendere in contropiede domandando provocatoriamente: «Ha controllato bene se l'ha persa sotto il mobile della cucina o sotto il letto? O nelle tasche di qualche giacca nell'armadio?». È un dispiacere per essere privati di qualcosa di valore, o un indifferente smarrire quisquilie? Una signora mi ha detto: «Io vado sempre a Messa. A Natale ci vado sempre!». Ops! Anche il «sempre» è alquanto soggettivo e relativo, quando si è chiamati a mettere in discussione se stessi.

È facile obiettare con l'aforisma dell'avvocato scrittore americano, teorico dell'agnosticismo, Robert Green Ingersoll (spesso attribuito invece sui social a Sai Baba perché forse fa più scena e va più di moda): «Le mani che aiutano sono più sante delle labbra che pregano». Anche di quelle che credono di non credere. Anche di quelle che, convinte, fanno ogni giorno la profonda professione di fede che Dio non esiste. Pensare che Dio esista o non esista o non mi interessi è comunque una scelta di fede da cui consegue un criterio valoriale che caratterizza lo stile di porsi. Sono allora convinto che non sia determinante tanto la mancanza rituale del «perdere Messa» - come se fosse un badge da timbrare per rendere conto al cerbero padrone o dei bollini da collezionare per avere punti e premi al supermercato del sacro - ma sia essenziale il percepire la dimensione di incontro. Dal mio punto di vista lo ritengo bello,

arricchente, motivante, energizzante, confortante. Vederlo rifiutato, non compreso, sminuito, tralasciato, mi fa dire: «che peccato!».

Alla vigilia dell'Epifania questo tema mi rimanda a Artaban, un personaggio che è presente nella tradizione orientale: è il Quarto Re Magio. Da noi non c'è, come nella leggenda non è mai arrivato alla grotta di Betlemme. Gaspare, Baldassare e Melchiorre vedono la stella cometa e partono per Gerusalemme con oro, incenso, mirra. Artaban, creativo, vuole portare in dono piccole perle diverse per forma e colore. Non è facile trovarle. È lui che rimane indietro o sono gli altri che non lo aspettano e se ne fregano di lui? Di fatto, per raggiungerli, cerca strade alternative lungo le quali, però, si lascia toccare dagli incontri. Comincia a donare qualche perla ai bisognosi che incrocia. Una dopo l'altra, ahimè, le finisce. La leggenda termina con il suo ritorno a casa, dopo anni, ormai grigio di capelli, sbrindellato. Gli altri lo prendono per un barbone, poi lo riconoscono e lo rimproverano. Per giustificarsi estrae dalla sacca un dipinto che ha fatto incrociando alcuni dettagli delle persone che lo hanno coinvolto e toccato dentro: la gioia di un innamorato, l'innocenza di un bambino, la sofferenza di un malato, la paura di un maltrattato, la tenerezza di una madre, la costanza di un padre, la complicità di un fratello, la forza di un operaio, il genio di un artista, la logica di uno studioso, la speranza di un giovane,

l'allegria di un giullare, la misericordia di un monaco, il coraggio di un imprenditore, lo sgomento di un fallito, le lacrime di un deluso. I Magi restano attoniti: era un ritratto meravigliosamente coincidente con il volto di Gesù, quel Dio a cui sembrava non essere mai arrivato. Artaban non ha trovato Dio, non è mai riuscito ad arrivare a Dio, ma è Dio che non ha mai smesso di stargli accanto.

È facile credere in un Dio invisibile, è comodo, ma è pericoloso perché rischia di creare alibi anestetizzanti con una ritualità apparente e un po' superstiziosa. Tanto più si rende Dio invisibile, tanto più diventano invisibili le persone, le storie, le occasioni. Tutto si appiattisce. Un Dio invisibile rende egoisti. Un Dio che invita a un incontro relazionale, invece, ha sempre il volto di un altro che ti interpella. Artaban non si è mai sentito arrivato, ma nemmeno perso. Non si è mai rassegnato, nonostante le strade sbagliate prese.

Qualcuno come i Magi a Betlemme trova Dio nel volto di un uomo, Gesù. Tanti altri, come Artaban, trovano in ogni uomo un frammento del volto di Cristo. La domanda, più che «ho perso Messa?», credo debba essere «ho vissuto ogni occasione di incontro?». Ci potrebbe essere anche Dio.

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