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Così il conformismo di sinistra si è preso le università italiane

Per gentile concessione della casa editrice Lindau pubblichiamo un estratto del nuovo libro di Giulio Meotti, I nuovi barbari

Così il conformismo di sinistra si è preso le università italiane

Per gentile concessione della casa editrice Lindau pubblichiamo un estratto del nuovo libro di Giulio Meotti, I nuovi barbari (128 pagine, prezzo €14.00)

Una volta Gustav Herling, lo scrittore polacco che visse in Italia, autore di Un mondo a parte, straordinario resoconto del Gulag staliniano, disse: «La dittatura culturale, dittatura tout court, c’è stata in Polonia. In Italia ha prevalso la tranquillizzante abitudine alla reticenza. Basta fare il vuoto attorno, non parlarne. Un clima omertoso che nasconde ugualmente tratti odiosi».

Nelle nostre università dilaga la moda anglosassone degli «studi postcoloniali e di genere», il fiore all’occhiello dell’ideologia woke. L’Orientale di Napoli ha un Centro studi ad hoc, l’Università di Bologna ha corsi e dipartimenti, la Sapienza di Roma ha un Osservatorio scientifico sulla ricerca di genere, all’Università di Catania c’è il Centro interdisciplinare studi di genere, c’è il Centro di ricerca culture di genere all’Università di Milano, il Centro interdipartimentale di ricerca studi di genere all’Università di Padova e il Centro studi interdisciplinari di genere all’Università di Trento, solo per citarne alcuni. La Bicocca di Milano ha organizzato un ciclo di seminari dal titolo Decentrare i saperi. Un’introduzione al pensiero decoloniale. E alla Cattolica di Milano (che di cattolico ormai ha solo il nome) si tengono cicli di conferenze a favore di Black Lives Matter. L’esito di questo avanzo di cultura si può vedere, se non si vuole arrivare in America, in Francia, dove nel giugno del 2022 è stato organizzato un convegno su «Giovanna d’Arco icona transgender e liquida».

Abbiamo anche visto l’Università Bicocca cancellare un corso su Dostoevskij. La cancel culture divampa anche nel mondo della musica classica italiana. Il soprano Tamara Wilson si è rifiutata di tingersi il volto di nero per interpretare il ruolo della principessa etiope Aida all’Arena di Verona. Al Maggio fiorentino hanno cambiato il finale della Carmen di Bizet, che si ribella e spara a don José, in omaggio al movimento americano #MeToo. Al Macerata Opera Festival l’Aida è stata reinterpretata come «lotta contro il colonialismo occidentale». A Trapani hanno optato per un Moro bianco per l’Otello di Verdi. Il Lago dei Cigni è stato cancellato a Vicenza, Napoli e Ferrara, la Dama di picche a Bari e Firenze.

I nuovi barbari

Rotolano le teste dei docenti. Ha pagato caro la cancel culture il fisico Alessandro Strumia, che in un workshop al Cern di Ginevra ha detto: «C’è una cultura politica che vuole sostituire competenza e merito con una ideologia della parità». Strumia aveva fatto un attacco alla diversity americana. Si è visto sospendere dall’Istituto italiano di fisica nucleare (Infn), che ha così argomentato: «L’Infn ha deciso di procedere alla sospensione immediata con la motivazione che il professor Strumia ha fatto, per di più in un contesto pubblico internazionale, affermazioni lesive dell’immagine dell’Ente».

Misura disciplinare analoga contro Strumia da parte del Cern. Anche l’Università di Pisa, dove insegna, ha disposto un «procedimento etico» contro il fisico. Ha ragione Strumia quando scrive che «c’è un’industria di attivisti che lavorano sui media per dipingere la loro ideologia come scienza».

Cosa aspettarsi? Un’editoria che coltiva la piaggeria intellettuale, una università sempre più prona ad accogliere parole d’ordine e idee del mondo anglosassone, meschine persecuzioni contro chi dimostra troppa libertà di carattere e pensiero, campo aperto per le forme di censura sperimentate all’estero.

Perché dobbiamo tutti dimostrare di pensare come gli altri, così prendiamo in prestito parole d’ordine che saranno viste come segni di mobilitazione e fedeltà al regime.

Anche chi devia discretamente dall’ortodossia deve prima praticare la genuflessione davanti alle parole d’ordine (clima, migrazioni, inclusione, diritti), denunciare ritualmente i nemici del regime. Ciò che ha fatto la nostra civiltà non è più difendibile se non passando per «conservatori» o «reazionari».

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