Il delirio della Murgia: ora teorizza il diritto alla censura

La scrittrice giustifica i violenti che hanno impedito a Eugenia Roccella di parlare. La sua tesi è una deriva pericolosa

Il delirio della Murgia: ora teorizza il diritto alla censura
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Il teorema dell’antifascista è stato enunciato una volta, molto candidamente, da una studentessa dell’Università La Sapienza di Roma. Era fine ottobre del 2022, quando i collettivi universitari (de sinistra) impedirono a Daniele Capezzone, noto squadrista ‘libro e moschetto fascista perfetto’, di partecipare a un convegno nella facoltà di Scienze Politiche. A chi le chiedeva se chiudere la bocca a un giornalista fosse o meno una pratica “fascista”, Francesca candidamente rispose: “Non stiamo impedendo a qualcuno di parlare, noi stiamo dicendo che i fascisti non hanno diritto di parlare”.

Il vecchio motto “uccidere un fascista non è reato” si è trasformato nel più edulcorato “silenziare un fascista è un diritto”. Con il corollario - e qui sta l’enorme problema - che ad affibbiare l’etichetta di “fascista”, dunque di “sgradito”, a questo o quel politico, giornalista o intellettuale sono loro stessi. O meglio: ci pensa il tribunale progressista. Direte: stiamo discutendo della cretinata di una giovane studentessa che un giorno, chissà, magari, abbandonerà le idee comuniste che la pervadono e ripenserà con vergogna alla scemenza espressa. Errore. Perché il “teorema del fascista” viene applicato quotidianamente ad ogni ordine e grado del dibattito pubblico, anche da noti intellettuali come Michela Murgia.

In pochi nei giorni scorsi si sono accorti di una pericolosa frase della scrittrice. Pericolosa, s’intende, per la democrazia. Ospite di Massimo Gramellini, che le domandava cosa pensasse delle proteste contro Eugenia Roccella al Salone del Libro, Murgia ha detto: “Nicola Lagioia ha ribadito che in democrazia se non c’è violenza si può fare contestazione. Anche dicendo all’altro (la Roccella, ndr): quello che tu hai fatto e che è scritto e teorizzato in questo libro ha reso la mia vita peggiore, quindi io qui non ti lascio parlare: non ne hai il diritto perché tutti abbiamo perso qualcosa”.

In sostanza, Murgia ha declinato in maniera più colta quel “teorema del fascista” e applicato il diritto alla censura. Visto che sul palco del Salone del libro era stata invitata una “fascista” (così l’hanno definita i contestatori), toglierle la parola è stato legittimo. In sintesi: basta sentirsi “colpiti” da quanto detto o fatto da un esponente del governo, della maggioranza o dell’area culturale al potere per “non lasciarlo parlare”. Di più: chiunque intacchi un convincimento di Michela non avrebbe “diritto di parola”. E quindi può essere censurato o, come dimostrato nel caso di Saviano, insultato in diretta tv.

Non c’è bisogno di sottolineare la pericolosità di questa deriva. Non solo perché, un po’ come in 1984 di Orwell, si fa presto ad arrivare al punto in cui un “Grande Fratello” si eriga a decisore ultimo di cosa sia “fascista” e cosa no, anche di fronte ad evidenti sgrammaticature: Eugenia Roccella, figlia di radicali, tutto può essere meno che "fascista". Ma anche perché se basta sentirsi intaccati dalle parole di un avversario politico per avere il diritto di “censurarlo”, nessuno potrebbe più esprimersi in pubblico.

Per quale motivo, ad esempio, i fan di Giorgia Meloni non dovrebbero andare a battere i tamburi a teatro qualora Michela Murgia sostenesse l’utero in affitto, legittimamente considerato da alcuni (pure dalle femministe) un crimine contro le donne? E cosa dovrebbe impedire a chicchessia di sbarrare l’accesso a una presentazione dei libri di Roberto Saviano ritenendo “retrograde e pericolose” le sue tesi? Diranno i soliti noti: una cosa è contestare un esponente del governo, un'altra prendersela con un intellettuale. Sbagliato. Intanto perché Roccella era lì a presentare un libro, non ad un comizio. E poi -come abbiamo visto- scene simili si sono verificate, e si verificano spesso, anche con intellettuali di centrodestra.

Qui insomma occorre difendere un principio: il principio della libertà di parola, sia che si presenti sul palco Eugenia Roccella o che lo faccia Chiara Valerio con la sua discutibile prosa.

Di fronte a tesi come quella di Lara di Nudm-Torino ("Per noi democrazia non è affatto far parlare chiunque") tutti dovrebbero esprimere totale indignazione. Invece c'è chi giustifica. È il fascismo degli antifascisti.

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