Le estorsioni sessuali dilagano, ma le vittime ora hanno uno sportello

In Italia una persona su sei ha prodotto questo tipo di contenuti almeno una volta, e la metà ha ammesso di averli anche condivisi

Le estorsioni sessuali dilagano, ma le vittime ora hanno uno sportello

Il 4% degli italiani è rimasto vittima di revenge porn ed estorsione sessuale. Sono due milioni di persone, per il 70% donne; di questi, il 16% ha pensato al suicidio, è caduto in depressione o ha compiuto azioni autolesionistiche come conseguenza dello stato di disagio provocato dal vedere le proprie immagini circolare sul web o in chat private senza il proprio consenso. I dati sono stati elaborati da The Fool, società di reputazione digitale. Le istituzioni stanno intensificando le azioni preventive e di contrasto a questi fenomeni, ma il loro dilagare impone riflessioni serie anche sulle iniziative di sostegno alle vittime, che il più delle volte tendono a isolarsi per la vergogna e subiscono danni rilevanti anche dal punto di vista della salute mentale.

Un fenomeno ancora sottovalutato

Il fenomeno, stando a quanto analizzato da Permesso Negato (associazione no profit che studia questo tipo di reati e assiste chi li subisce), è in realtà ancora più diffuso. In Italia una persona su sei ha prodotto questo tipo di contenuti (foto e video intimi on line) almeno una volta, e la metà ha ammesso di averli anche condivisi. A farne le spese sono per il 70% dei casi donne eterosessuali, con un’età media di 27 anni. Ciò che maggiormente le differenzia dagli uomini vittime di questo reato è il modo in cui vengono a conoscenza della diffusione del contenuto: per le prime la scoperta avviene spesso in autonomia o a seguito della segnalazione da parte di conoscenti o sconosciuti; per gli uomini è più frequente essere direttamente taggati nella foto, avvisati dal partner, dai famigliari o dalle forze dell’ordine. Tra i fattori che aggravano il problema c’è senz’altro l’errata percezione del fenomeno, che è conosciuto almeno per sentito dire dal 75% dei cittadini, ma che spesso non viene considerato un reato, anzi una persona su 3 che lo subisce ritiene che non sia penalmente perseguibile. Eppure da tre anni c’è la legge Codice Rosso, che lo regolamenta efficacemente.

Ora c’è uno sportello per le vittime

Lo sportello si chiama Primo Soccorso Psicologico e offre una serie di servizi dedicati alla salute mentale delle persone vittime della divulgazione non consensuale di materiale intimo e pornografico.

Si può contattare via smartphone ed è un incontro in un “luogo sicuro online” a cui si accede previa prenotazione, 24 ore su 24, 7 giorni su 7, dalla helpline di Permesso Negato e Tconsulta, startup di consulenza psicologica on-line, le 2 realtà che lo hanno attivato. Il percorso gratuito a cui tutti avranno accesso comprende fino a tre consulenza virtuali, per venire incontro anche alle persone in località distanti da servizi di ascolto.

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