Tra sogni e storia: quando l’archeologo era una professione

Tra sogni e storia: quando l’archeologo era una professione

Laura Gigliotti

L’appuntamento con l’archeologo Baldassarre Conticello è nell’ex Cinema Castello, l’auditorium Lumsa. Il professor Conticello, che insegna in un master, è impegnato in un convegno sulla tutela dei beni culturali. L’incontro però è nella veste d’autore di «Scuola d’Archeologo» presentato al Circolo Ufficiali di Palazzo Barberini da Romolo A. Staccioli. Un libro di memorie o saggio autobiografico o «speciale guida» della Grecia, che racconta di un giovane siciliano sbalzato nel ’56 al centro della classicità. Meno di un anno trascorso alla Scuola Archeologica Italiana di Atene per imparare a diventare archeologo. «L’idea di scrivere un libro - dice l’autore - mi venne alla morte del mio professore Doro Levi a cui ero molto legato». E i ricordi si affollano. Anzitutto il sogno dell’archeologia, «un lavoro che rifarei» confessa Conticello, e l’adesione alla Grecia sentita come sorgente della nostra civiltà. Poi Levi che ebbe il merito nel ’50 di riaprire la Scuola dopo la guerra, i rapporti internazionali, le visite ai monumenti, gli scavi, la scoperta di un paese bellissimo, arcaico e contadino, dove tutto parlava di storia. Scuola per apprendere una professione e scuola di vita, quella di Atene, molto diversa da oggi, lascia intendere Conticello. E il discorso scivola su quanto è avvenuto recentemente a Gòrtina nell’isola di Creta agli archeologi italiani. Una statua alta due metri emersa dagli scavi, incautamente portata su una ruspa, è caduta e si è spezzata. Un infortunio inaudito al tempo in cui a guidare la Scuola di Atene c’erano maestri come Antonino di Vita e Doro Levi. Il fatto, che ha provocato l’allontanamento dei nostri archeologi, lascia l’amaro in bocca a chi come Conticello ha conosciuto una stagione felice della Scuola d’Atene, inaugurata da re Giorgio I nel 1910. Ma la presenza italiana in Grecia era più antica, risaliva alla Missione archeologica italiana a Creta che aveva avuto in Federico Halbherr, lo scopritore nel 1884 della Tavola delle Leggi di Gòrtina, il suo alfiere. Qual è attualmente la formazione di un archeologo in Italia? «Oggi non si forma più, non c’è un training. Prima chi arrivava alla Soprintendenza aveva imparato un mestiere» risponde Conticello. «Con tangentopoli - dice - è stata spazzata via un’intera classe dirigente e amministrativa e la classe che l’ha sostituita non ha avuto il tempo di formarsi». Dal ’59 al ’78 Conticello è alla Soprintendenza alle antichità di Roma 1 con la responsabilità di Latina e del Museo Nazionale Romano. Sono anni cruciali. Direttore del Museo Archeologico di Sperlonga, a lui si devono gli scavi di piazza Municipio a Terracina e l’allestimento del Museo, gli Antiquaria di Formia e Minturno. Negli anni ’80 come Soprintendente Vicario di Roma contesta La Regina «non per i restauri su cui sono abbastanza d’accordo», dice, «ma per la scelta di distribuire il patrimonio archeologico in tre diversi musei. Nelle Terme di Diocleziano poteva entrarci tutto». Si trattava di esporre tutti i reperti storicizzati all’interno delle Terme opportunamente restaurate e ampliate e destinare a musei sulle vie consolari i reperti recuperati dopo gli anni ’50, restituendo alla provincia le opere trovate in loco. Come per esempio la statua loricata di Traiano recuperata a Terracina. Un modo per alleggerire il Museo delle Terme e nello stesso tempo favorire il turismo. «Credo nel matrimonio fra archeologia e turismo - dice Conticello - se l’economia dipende dal turismo si finanziano i Beni Culturali». Dall’84 al ’94 Conticello regge, con piglio manageriale e moderno, la Soprintendenza di Pompei. «Il periodo più bello della mia vita», confessa. Nelle aree archeologiche vesuviane applica la propria concezione di restauro monumentale chiamando a collaborare con gli archeologi studiosi di diverse discipline, dall’informatica alla biologia. Durante la sua gestione vengono promosse stagioni estive di musica classica ad alto livello e Pompei torna all’attenzione del mondo. I visitatori schizzano da 800mila mila a 2 milioni l’anno.

La grande mostra «Rediscovering Pompei», la prima che abbia associato sistematicamente ai reperti postazioni informatiche viene visitata nel mondo da oltre 2 milioni di persone. Baldassarre Conticello «Scuola d’Archeologo». Editore L’Erma di Bretshneider, pagg. 350, 95 Euro.

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