Il rapido lembo del ridicolo (Italosvevo, pagg. 164, euro 16) di Francesco Permunian è un piccolo capolavoro, anzi: togliamo il piccolo. Presentato con estremo pudore come «uno sgangherato garbuglio proliferante di voci e confidenze» è il diario proliferante ma per niente sgangherato di uno scrittore abituato a dare del tu ai fantasmi come sanno i lettori della Casa del sollievo mentale (2011), del Gabinetto del dottor Kafka (2013) e del Sillabario dell'amor crudele (2019).
Ma torniamo al Rapido lembo del ridicolo. Si può fare una gigantesca riflessione sulla morte e sulla memoria anche facendo finta di divagare, in brevi frammenti, una pagina o due al massimo, che sono poi affilate schegge conficcate nell'anima (se preferite: nel cervello). Le folgorazioni davanti al lago di Garda, il richiamo ancestrale del natio Polesine, gli aneddoti sugli scrittori del passato (Manganelli, Pasolini, Rosselli, Merini e tanti altri), i sogni a occhi aperti, gli incubi notturni: tutto torna, e non c'è niente, ma proprio niente, di «bizzarro» o «sulfureo» (oddio, forse un po' di sulfureo c'è) come vorrebbero i luoghi comuni dei critici che si avventurano nel mondo di Permunian.
Questo diario sta sul confine, nella terra di mezzo, tra la vita e la morte, tra il presente e il trapassato. A volte fa sorridere, più spesso lascia sgomenti. Un uomo può essere ferito da un ricordo eppure può anche desiderare di non dimenticarlo, perché accantonarlo significherebbe allontanarsi, tradire i morti e se stessi: «Tutte le ferite del passato ormai vengono a noia, è sangue indurito e già cristallizzato. Adesso non rimane che il duro smalto del nulla». Il duro smalto del nulla, immagine magnifica e terribile al contempo. Così come sono magnifiche e terribili le farfalle che volano rasenti l'acqua, e si muovono secondo disegni arcani, forse è il loro modo di lanciarci un messaggio ma quale? Magnifici e terribili sono anche i cani che abbaiano nella notte, sentinelle del paese assediato dai morti. Il vivere sospesi, e i cartelli segnaletici che indicano il passaggio da una terra all'altra, ricordano l'ultimo Giorgio Caproni. Ma in Permunian c'è anche una vena satirica che troviamo intatta anche nel Rapido lembo del ridicolo. Ridicolo è il mondo della para-letteratura e della para-cultura: il prodotto industriale, cucinato dall'editoria, scambiato per un capolavoro da gente che ormai non sa più distinguere tra un'opera d'arte e la sua involontaria parodia; l'ansia di apparire in festival che non lasceranno traccia; la vanità comica di chi vuole essere a tutti i costi «scrittore»; il tentativo di domare e normalizzare la grandezza.
Presentiamo un estratto da queste pagine satiriche, per gentile concessione dell'autore, perché sono belle ma anche perché non si poteva fare altro: la delicatezza poetica del resto del libro non si può stralciare. Dovete leggere, tutto, per intero. E poi chiedervi come mai uno dei più grandi scrittori italiani sia meno noto di certi scalzacani che occupano militarmente la televisione e gli altri media.
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