Torino - Due anni fa, nella piscina Monumentale di corso Galileo Ferraris a Torino, Tania Cagnotto divenne la prima tuffatrice della storia a vincere tre ori ai Campionati Europei. Un'impresa che prima di allora era riuscita solo al russo Sautin, a Helsinki 2000: «È una cosa che ancora oggi mi fa venire i brividi - ricorda lei -. Sautin è il tuffatore che stimo di più: è un onore aver ottenuto un risultato pari al suo». Da oggi a domenica, stessa manifestazione e stessa sede di gara, la quasi 26enne Cagnotto ci riprova: trampolino da 1 metro venerdì, da 3 sabato e sincronizzato domenica.
Pronta a ripetere quell'impresa?
«Sarà difficile, anche se non voglio dire impossibile: di sicuro sarà impossibile fare meglio di due anni fa. E comunque, se dovessi scegliere, punterei alla gara dai tre metri: è quella che sento più mia ed è quella che, se vinta, garantirebbe subito la qualificazione ai Giochi Olimpici di Londra 2012».
Torino le porta bene, visto che è la città dove è cresciuta e dove vive ancora sua nonna Elda.
«Qui mi sento a casa. E ricordo come se fosse oggi l'incredibile festa di pubblico vissuta due anni fa: alle nostre gare di solito c'è poca gente, qui pareva di essere allo stadio. Mi dicono che i biglietti siano andati esauriti in prevendita: la cosa non può che farci piacere».
Magari l'Italia si scoprirà presto terra di tuffatori: possibile che succeda?
«Difficile. Mancano le strutture e i genitori hanno paura che i loro figli si facciano male, chissà poi perché. Per provare a sfondare davvero, invece, bisogna cominciare a tuffarsi prestissimo. E garantisco che non si tratta di uno sport più pericoloso di altri».
Quanto a strutture, invece, l'Australia ne è piena: come sono andati i due mesi trascorsi a Sydney?
«Benissimo, sono assolutamente soddisfatta. Nulla a che vedere con l'esperienza di qualche anno fa negli Stati Uniti. Mi sono allenata in acqua solo nel pomeriggio, mentre al mattino il tempo era dedicato alla palestra: tutto diverso rispetto all'Italia, dove siamo in piscina sia al mattino che al pomeriggio per via dell'orario disponibile».
Era una scelta indispensabile per mettere nel mirino i Giochi di Londra?
«Sì. Mi serviva cambiare aria per trovare qualche stimolo in più. E per poter dire di aver fatto tutto il possibile per salire sul podio olimpico che ancora mi manca».
Per inseguire il sogno con la "S" maiuscola si è anche affidata a Salvador "Chava" Sobrino, l'allenatore di origine messicana che ha portato Matthew Mitcham a vincere l'oro olimpico dalla piattaforma a Pechino 2008: com'era la sua giornata tipo?
«Sveglia tutti i giorni alle 5,15 e palestra alle 6: alle 9 tornavo a casa e dormivo fino a mezzogiorno. Poi pranzo e allenamento in acqua. Cena alle 19: alle 22, stravolta, a letto».
Crisi di rigetto?
«No, anche se le prime due-tre settimane sono state pesanti non essendo abituata a un lavoro atletico così pesante. Poi però mi sono accorta dei benefici di quanto fatto: fisicamente sono molto più forte di prima».
Esperienza da ripetere?
«Vedremo. Mi sono un po' mancati sia casa che gli allenamenti di mio padre. L'esperienza rimane comunque fantastica: andare all'estero fa sempre bene, basta guardare la Pellegrini».
Torino sarà solo una tappa di passaggio?
«Sì, gioco forza. In estate ci saranno i Mondiali di Shangai ed è quello l'appuntamento più importante della stagione. Però sia io che la Dallapè (sua compagna nel sincro, ndr) non intendiamo regalare nulla».
Qualche settimana fa si era sparsa la voce secondo cui avrebbe partecipato a «Ballando con le Stelle»: ha cambiato idea o cosa?
«Mi hanno cercato, come già in passato. Ma io adesso ho in testa solo i Giochi di Londra: dopo, se ne potrà parlare. Per il momento, quando voglio ballare, lo faccio lontano dalle telecamere: adoro il latino-americano».
Davvero intende smettere dopo Londra?
«Saranno le mie quarte Olimpiadi e potrei anche dire basta: adesso però è presto per certi discorsi. Certo non mi vedo ai Giochi di Rio de Janeiro 2016».
Voglia di normalità e magari di maternità?
«Forse. Ma per adesso sono un'atleta e basta».
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