È arrivato il Dio Demanio. Finalmente. Chi ha debiti vende un pezzo del patrimonio, è l’uovo di Colombo. Uno Stato che impone la patrimoniale ai cittadini, e va giù duro con la tassazione, ingrassa oltre misura, si fa forte in modo prepotente della sua debolezza, esalta il suo potere di vessazione dispotica, deprime la fiducia pubblica e privata. E poi naturalmente si rimette a far debiti. In Italia i balzelli una tantum sono sempre serviti a questo. Il grande assedio a Berlusconi puntava a questo. Indurlo a una patrimoniale la più vasta possibile e cagionargli, come diceva Machiavelli del duca Valentino, «l’ultima ruina sua».
Per mesi, quando tirammo fuori la parola d’ordine«vendere vendere vendere», fummo gabellati dai signori delle cifre, quelli che danno i numeri secondo convenienza. Dicevano che c’era poco da mettere sul mercato, che il problema naturalmente era un altro. Facevano conti farlocchi, deprimevano il senso della cosa, ci trattavano da principianti, da imbecilli incapaci di seguire le vere curve scientifiche della finanza pubblica. Invece era solo la strada diritta, quella giusta, la più breve. Perché da noi lo Stato e la pubblica amministrazione sono pletorici, sono agenzie di spesa e di manutenzione in perdita di immensi e ramificati patrimoni immobiliari, aree pronte a essere dismesse e portate con gran vantaggio pubblico e privato sul mercato degli investimenti. Vendere e crescere sono sinonimi naturali, due facce di una politica virtuosa.
Altro che dimezzare il numero dei parlamentari cosa decente e da fare ma appena simbolica. Gli è finalmente sfuggita la verità, c’è da dimezzare il grasso superfluo in mano pubblica, roba che vale duecento miliardi di euro, una vera liberazione di risorse per la crescita, e un gesto che funge da moltiplicatore delle possibilità di sviluppo e di ricchezza. Vendere immobili inutili e diritti di superficie, altrimenti è una svendita povera, vuol dire puntare sull’impresa, sulla finanza d’investimento, vuol dire mettere a gara la ricchezza sociale affinché si moltiplichi in mani private, crei lavoro e industria, invece di marcire sotto la tutela delle grandi e piccole burocrazie amministrative.
Vuol dire, se la vendita sia accompagnata da un regime di incentivi e di agevolazioni che incrementa il valore della roba accumulata dallo Stato, stabilire nuove condizioni d’impresa per i capitali nazionali e mondiali, abbattere l’inerzia stagnante che la fa da padrona ormai da anni, privatizzare in regime di concorrenza, una corsa a chi arriva primo a cogliere un’occasione gigantesca di profitto, una dissuasione verso la custodia speculativa e di rendita delle ricchezze private immense mai seriamente mobilitate a vantaggio del pubblico. La vendita massiccia del patrimonio statale, se decisa a condizioni eque e convenienti per l’investimento privato, è la vera risposta alla crisi da stagnazione ed è una risposta liberale, che rafforza i poteri della società e riduce l’onnipotenza fiscale e patrimoniale dello Stato.
È il primo passo responsabile verso le cosiddette riforme di struttura, è la riforma di struttura di cui c’è bisogno. Pareggio di bilancio, riforma costituzionale dei regimi autorizzativi in campo economico (articolo 41) e immissione generalizzata sul mercato delle occasioni di quanto è oggi inutilmente pubblico, di quanto è opulento e non strategico, di quanto è inutile e burocratico e costoso nelle mani dei custodi del Demanio: non c’è nulla di meglio da fare, nulla, assolutamente nulla. La riduzione della ciccia di Stato è anche una grande lezione sociale di cui c’è bisogno. Solo così si farà finire il chiacchiericcio furbo dei capitalisti che chiedono petulanti di essere tassati nel loro patrimonio, per riprendere subito a fare i Paperoni con i quattrini degli altri.
Non ha senso tassare i ricchi per ingrassare lo Stato, bisogna chiedergli di loro, di fare il loro mestiere, impedirgli di continuare a essere dei redditieri industrialmente pigri.
Facciamogli cacciare i soldi per investire in quella parte dello spazio pubblico socialmente inservibile, e vediamo se sanno reggere la sfida della concorrenza e dello sviluppo. Tra i privilegi da abbattere c’è la lussuosa inerzia dei borghesi. Diamogli l’osso, facciamoglielo pagare al prezzo giusto e vediamo se sono capaci di rosicchiarlo nell’interesse comune.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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