Il dramma della Bridgestone, in termini tecnici, si chiama «wear rate» o quota d'usura (eccessiva) dei battistrada. Né si può investire ancora, in una formula ad esaurimento. Non c'è nulla da fare: anche a Silverstone, la battaglia è persa. La Ferrari (altro che carenza di cavalli!) è tornata ai livelli del Nürburgring, con Barrichello meglio di Schumacher e terzo all'arrivo. Il ritardo dai più rapidi è dell'1,25%, sicuramente con parecchio carburante; il regresso dal 2004 è del 3,3%, al pari della «disastrata» Williams, contro l'1,5-2% dei migliori. E pur se la McLaren sembra fragile di motore, non è battuta: l'analisi dice che, in questa sciocca Formula 1 a targhe alterne, è meglio perdere 10 posti in griglia, con un motore spinto e fresco, piuttosto che aver troppi chilometri alle spalle. Visto, poi, che guida Raikkonen, con ottime strategie.
Tecnicamente (al riguardo, la Rai-Tv dovrebbe dotare i propri commentatori di un dizionario della lingua italiana, aperto alla voce «paratie», o elementi della parte immersa della nave, inesistenti nella monoposto!), è facile valutare le condizioni anche con un modello matematico per pesi e rifornimenti, influenti sulle gomme. Il «piatto forte», in Francia, è stato «Alons en gelée», ma anche «Schumi in gelatina» (mescole tremolanti) non ha scherzato, con il minimo distacco in qualifica della stagione e con errori tattici. Lo stesso piatto, con piccole varianti, viene riproposto dalla Michelin a Silverstone; ma il passaggio ad un asfalto un po' più abrasivo e a maggiore «stress» da velocità non ha trovato la Bridgestone ugualmente disposta all'azzardo. Ormai, è una coperta corta: o tempo in prova o ritmo in corsa e la «crème caramel» non è una specialità nipponica.
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